PALMER GENERATOR  "Ventre"
   (2023 )

Li ho ascoltati facendo la doccia, e poi asciugandomi. Esperienza consigliata per gli amanti della psichedelia! Il bagno diventa la cabina di un modulo per esplorare lo spazio.

Il quarto album della famiglia Palmer (è un trio padre, figlio e zio) si chiama “Ventre”, ed è suddiviso in quattro tracce omonime: “I”, “II”, “III” e l'ultima, denominata con licenza poetica, “IIII”. Basso, batteria e chitarra portano un post-rock psichedelico che, come intenzione, attinge dalla musica cosmica, quel krautrock che con suoni dilatati e distorti si ispira all'universalità, alla totalità dell'esistenza.

Il primo capitolo è una breve introduzione energica di 4 minuti; la seconda sono 10 minuti dove siamo rincorsi dal delay della chitarra, e dove il basso esegue dei bicordi prima-terza, alternandosi tra tonalità maggiore e minore. Il brano va in crescendo, fino a deflagrare nella seconda metà. Il terzo capitolo invece sembra essere il fulcro concettuale, iniziando con scampanellii, e un basso “riflessivo” sui propri giri.

Il mio fonico di fiducia, quando sente un basso così, dice che “ha molta punta”. Qui il crescendo è meno marcato, la variazione nei 15 minuti sta nel cambio di sonorità. La batteria fa intuire quale sarà il ritmo lento che andrà ad avviare, ma ci gioca molto prima di arrivarci davvero. E nell'attesa, la chitarra ci ipnotizza con altre sequenze in delay. L'ultima parte dura 9 minuti ed esplode a metà, lasciando infine una lunga coda di suoni in feedback, che poi è l'essenza della ricerca cosmica, fatta con chitarra, basso e batteria: questa sospensione, come di pulviscolo atmosferico che fluttua dopo un impatto.

Il trio è compatto, ma si sente che nei Palmer Generator il protagonista è il bassista, che traina gli altri col suo dettato melodico. È un sano rock psichedelico, non innovativo ma efficace, e ben gestito nella dinamica, nel creare attesa, nel crescere e (soprattutto) nel decrescere.

E ora, fon! (Gilberto Ongaro)