MARIA PIA DE VITO "This woman's work"
(2023 )
Alcune credenziali tanto per gradire: collaborazioni con John Taylor, Ralph Towner, Rita Marcotulli, Enrico Rava, Paolo Fresu, Norman Winston, nonché una tra le voci più originali per la rivista jazz “Magazine”, e pure chiamata da Fariselli, Tofani e Tavolazzi per sostituire la voce del compianto Demetrio Stratos nel progetto “Area reunion” senza farlo rimpiangere.
Vi basta per capire lo spessore della singer napoletana Maria Pia De Vito e per non dubitare del nuovo lavoro “This woman’s work”, che mette in evidenza la costellazione del mondo femminile attraverso una riflessione elegante e mai patetica?
Per dar seguito a “Dreams” del 2020, la De Vito formula un’opera in variabile modalità, tra inediti, covers e scritture collettive, miscellando ingredienti di jazz, folk, cantautorato e pizzicate di spoken-word: il tutto immersi, inoltre, in aere letteraria visto il suo amore per autrici del calibro di Virginia Woolf, Margaret Solnit, Rebecca Artwood.
Con l’ausilio di quattro straordinari soci di viaggio (Mirco Rubegni, Giacomo Ancillotto, Matteo Bortone ed Evita Polidoro), Maria Pia sfodera 10 brani d’alta classe, nei quali la sua voce non è altro che una finissima cornice che valorizza apicalmente il mood in essere.
Il dolente jazz-blues “There comes a time” apre la rassegna con distorti intrecci strumentistici. Invece, nel primo inedito “Dispossession”, la Nostra rivela tutto il suo eclettismo vocale senza difficoltà alcuna, benché l’atmosfera non sia delle più serene. Poi, attinge dalla Elvis Costelliana “I want to vanish” per cullarci soavemente sulla ruota del grande fascino uditivo, mentre attinge da Kate Bush per deliziarci con la titletrack che scuote con dolci emozioni.
Gli altri due inediti (co-firmati da Matteo Bortone) “Love must be this (if it be anything)” e “The elephant in the room” sono atti di ottima fattura benché con identità opposte: soffice una, stralunata l’altra. Giunti alla penultima del lotto “As I roved ut”, ci si rende conto che la De Vito con quel po' po' di voce che si ritrova, può far ciò che vuole: coccola, emoziona, lenisce timori, accarezza dolcezze contemplative che conferma anche ai titoli di coda di “Here the moon”. Il disco ora sarà pur finito, ma la scia della sua classe, no. Quella resta. (Max Casali)