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KASPER AGNAS  "Grain live"
   (2023 )

Che suono possono fare i cereali? Sto traducendo letteralmente il nome dell'album di Kasper Agnas, “Grain live”, mentre ascolto il primo dei tre brani, “1992”. Il chitarrista svedese ripubblica “Grain” in una versione dal vivo, uscita per FRIM Records dopo l'attenzione ottenuta da quella in studio. FRIM è l'Assocazione per la Free Improvised Music, quindi potete intuire dove stiamo andando.

Agnas è un chitarrista minimalista, che sviscera le possibilità di suono del proprio strumento. Per la sopracitata “1992”, che è l'anno di nascita di Kasper, collega la chitarra al computer ed elabora una sequenza rapida, formata da un accordo ribattuto (artificialmente) in sedicesimi, come si fa con un arpeggiatore; di questo accordo, vengono eseguite varie posizioni, e poi si cambia accordo. Ma i cambiamenti sono, per l'appunto, minimali, e l'attenzione così si sposta sul timbro, che è davvero curioso, quasi liquido. Dieci minuti vorticosi.

Il secondo dei tre brani cambia tono, “Mirrored memories”, ed è sorprendente, se si tiene a mente che si tratta sempre di una chitarra. Per due terzi del pezzo, ascoltiamo dei suoni morbidi come quelli di un organo da cappella: Agnas colpisce piano le corde con una bacchetta morbida (mallet), ottenendo così questa drone music tranquilla. Nel finale però, inizia a battere con più forza, e lì si sgamano le sei corde, rendendo il suono più ruvido.

Infine, “Far, away, closer” mette a prova la pazienza, a meno che non ti lasci prendere dallo straniamento: Agnas suona degli accordi aperti, ben scelti nei loro gradi (seconde, quarte, lievi dissonanze...), e tra un accordo e l'altro aspetta che si smorzi il precedente. Almeno fino a metà performance (questa dura 18 minuti), poi inizia a correre. Verso la fine, decide di rendere evidente la presenza del laptop, tagliando in loop la frequenza di un accordo e accelerandolo in maniera innaturale, fino al parossismo.

Ripeto, come suonano i cereali? Forse così. La ricerca sul suono, volta ad ottenerne uno dalla consistenza quasi materica, che sembra di toccarlo, porta a percepire questa cascata di accordi come tanti chicchi di grano che si snocciolano dalla pannocchia. (Gilberto Ongaro)