recensioni dischi
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CHECCO CURCI  "Anche solo per un saluto"
   (2023 )

Ciao. Quattro lettere che hanno la potenzialità di aprire un dialogo, con la semplicità in essere e sappiamo che, proprio dalle cose semplici, può affiorare la serenità, l’appagamento, la sintonia col prossimo. Un saluto al minimo sindacale ma che incorpora tanto calore se scambiato con sincerità.

E proprio sul saluto e su altri risvolti del vivere umano, verte “Anche solo per un saluto”, esordio musicale di Checco Curci, cantautore pugliese ma ormai implementato a Milano.

Personalmente, alle opere prime mi avvicino con un filo di interesse in più, poiché credo che ci sia tanta summa di esperienze raccolte, pronte per essere travasate in una cornice curata e ben progettata e, se poi noto pure (dal comunicato-stampa) che in questo disco c’è la supervisione di Riccardo Sinigallia, è di certo motivo in più per cominciare l’ascolto con una garanzia in più.

Sicuramente siamo in presenza di un progetto nel quale si avverte la continua ricerca interiore, sia stilistica che artistica, di Checco che vuole esternare, in maniera rispettosa, un equilibrato sdegno verso i detriti, le contraddizioni e gli arcani che avvolgono la nostra epoca cosi complicata ed isolante.

Il linguaggio adottato ci porta, al contempo, dentro un immaginario collettivo e una reale presa di coscienza, tramite una griffe scritturale e vocale che rimanda ad un nugolo di mèntori del nostro cantautorato storico. Il primo richiamo verso Battiato è insito nella prima coppia “Che sia la notte” e “Come ragazzi insolenti”, che incorpora anche un po' di acque agitate, mentre il singolo “Wind day” rende omaggio alla città dei due mari Taranto con uno strale descrittivo assai netto ed eloquente.

Nelle seguenti “Paese fragile” e “Prima” occorre riconoscere a Checco l’estrosità propositiva, in un misto tra linearità e bizzarria che ronza nei paraggi di Max Gazzè e del Morgan più filosofico. E con gli atti placidi come se la cava il Nostro? Ebbene, non sfigura neanche al cospetto di “Nè oggi né domani” e di “Bastano briciole”: e sapete il motivo? Perché un conto è cantarellare sommesso alla ricerca del facile effetto, ed un conto è invece la veracità descrittiva dell’artista di Noci (Bari), che scuote il cuore con energica elegia verace e sentimentale, senza che la nostalgia lo sovrasti a dismisura.

Quel che si percepisce dalle 11 tracce è che... “E’ tutto vero”: un titolo (finale) che è una dichiarazione di sincerità e intenti purissimi, che fa entrare di diritto Checco Curci nell’olimpo dei nuovi aedi del cantautorato nostrano. E siamo solo all’inizio... (Max Casali)