recensioni dischi
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RIEN FAIRE  "Peuple"
   (2023 )

A due anni dall’omonimo debutto, sono tornati i Rien Faire. Il trio lionese riparte da “Peuple”, che rappresenta una nuova fondamentale tappa nella definizione di un linguaggio surrealista che, però, non rinuncia all’idea di essere pop.

Nell’incontro di questi due elementi trova piena espressione il sound di “Peuple”: la vocazione parzialmente sperimentale, un umore rock dadaista, ricami quasi teatrali e traiettorie pop acidule sono i tratti distintivi di un disco che, in nove brani, sceglie volontariamente di non chiarire i propri intenti.

Nei piccoli poemetti di “Peuple” c’è tutto questo: un tripudio di colori e suoni, dal groove di “Rien faire d’être là” all’incedere mellifluo di “Ici”, con una notevole quantità di spunti nel mezzo. “Le sel di guirlande”, per esempio, rivela una sorprendente anima acustica e arriva prima di “Toute seule dans son pull”, che potrebbe non sfigurare in qualche passaggio della produzione di Jodorowsky.

L’anima festaiola di “Vider son sac” convive al centro del disco con quella decisamente più allucinata di “Chanter assez fort”, mentre l’ultima parte è inaugurata da “Time of the season”, che sembra filtrare gli anni Sessanta e Settanta attraverso suoni sintetici e liquidi ancora piuttosto astratti.

“La dérive” è un altro fulgido esempio di pop surrealista, prima degli avvolgimenti della titletrack. I Rien Faire riescono a segnare con ancora maggiore vigore i confini di un sound decisamente autentico e molto personale: la tecnica e le idee si sposano bene con architetture che riescono a rimanere pop e per questo anche discretamente fruibili da un pubblico non necessariamente troppo ristretto. (Piergiuseppe Lippolis)