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NAGUAL  "Italocarioca"
   (2023 )

Quella del sassofonista Nagual, al secolo Giovanni Ancorato, è un'esperienza ben precisa di jazz. Prendendo spunto dal carioca, dal bossa nova e altri ritmi sudamericani, realizza una situazione riconoscibile, diffusa nell'album “Italocarioca”, uscito per Caligola Records.

A tratti nostalgico, a tratti ironico, il mood si alterna fra cliché e innovazione. Come nel “Carnaval”, dopo un tenue iniziale, ecco che parte il carnevale ritmico, tanto che verso la fine possiamo riconoscere l'agogo, percussione tipica. Mentre l'introduzione mielosa di “Criança” sembra proprio richiamare la situazione di relax serale: “Cara, è stata una giornata dura, ma adesso siamo a casa”.

Sembra proprio che la band di Nagual ci giochi, con i luoghi comuni, entrandoci e poi uscendone, con assoli virtuosi sorprendenti. Specie del pianista, Paolo Vianello, che ormai si riconosce (è un nome ambito, lo chiamano in tanti). Soprattutto dal lato di vista compositivo. Le modulazioni, che qui ci si aspetta siano complesse, lo sono... ma ancora di più del previsto, come in “Bituca” e “Carrosel”. O come nella raffinata “Shambala”, che a tratti ricorda lo standard “How insensitive”.

L'intrigante hard bop “Daimon” ospita anche un assolo del bassista Paolo Andriolo. Le percussioni aggiunte alla batteria di Roberto Rossi si fanno notare in più momenti, come in “Sadhana”. Ma la melodia orecchiabile e cantabile di “Rio” al sax è quella che resta più impressa. Non so se sia voluto, ma in questo brano, dal minuto 2.20 in poi, sembra che Nagual accenni più volte al celebre “The Lick”; ma all'ultima nota forse se ne accorge (o istintivamente cambia idea) e devia, per non ripetere il lick-meme. Se non capite di che parlo, cercate “The lick” su Youtube. I jazzisti lo sanno!

Si torna seri con “Se”, una melodia malinconica che ti porta via, ma sorretta energicamente dal pianoforte. “Tangram” riprende il ritmo bossa nova, con la consueta complessità armonica. Il chitarrista Stefano Scutari, che finora ha usato la sua chitarra ed è rimasto defilato, si fa notare nella conclusiva “Yoyo”, dove imbraccia il cavaquinho, piccolo cordofono di origine portoghese, da cui discende l'ukulele hawaiano, che in Brasile si usa nel samba.

“Italocarioca” è un festoso panorama! (Gilberto Ongaro)