NICOLO' RICCI "Bellissimǝ"
(2023 )
Dall'amore per la musica classica, il sassofonista Nicolò Ricci realizza un album jazz dal titolo inclusivo: “Bellissimǝ”. Uscito per Zennez Records, l'LP contiene 6 brani le cui ispirazioni non sono immediatamente riconoscibili, se non vengono apertamente dichiarate, come nel caso di “Canzone crudele” che prende spunto da Debussy. Non ci sono quindi grandi citazioni, ma rimandi di un'atmosfera simile agli spunti iniziali.
“Gioachino” ad esempio, è un omaggio a Gioachino Rossini, e si sente l'approccio compositivo classico, nelle modulazioni di pianoforte, che verso i tre quarti del brano si caratterizzano per arpeggi romantici, accanto ai quali la batteria va in assolo rullando.
Altro esempio dove è evidente la commistione di classica e jazz è “Dal nostro fuoco nascono le stelle (From our fire the stars are born)”. Il pianoforte insiste a suonare degli accordi regolari in 4/4, come in una sonata... ma lo fa su un brano in 6/8, creando poliritmia, mentre il sax improvvisa.
Per “My plants (They're all dead)”, la batteria avvia un ritmo rock dritto e lineare, sul quale piano e sax suonano in controtempo, mentre fanno la comparsa dei sintetizzatori che giocano con l'arpeggiatore. “A bag of bags”, il cui titolo rimanda alla tipica borsa di borse di plastica che si tiene sotto al lavandino, è caratterizzata da un costante tremolio. Soprattutto il contrabbasso si agita, mentre dalle tastiere parte un pad disteso e rilassante, che stempera l'inquietudine generale, tranne quella di Ricci che che nel sax spinge a pieni polmoni.
Altra connessione difficile da cogliere, ma per questo interessante, è quella tra la conclusiva “Komorebi”, e la Sinfonia 7 di Beethoven. La prima parte è tenuta sotto scacco da un riff di contrabbasso; poi a metà, si apre in una fase di progressioni armoniche, che dà spazio a suoni di tastiera da prog.
L'album pretende il proprio tempo per farsi ascoltare con attenzione, senza distrazioni; ma Ricci dimostra creatività e varietà di stili. O meglio, fluidità di stili! (Gilberto Ongaro)