YVES DAOUST "Docu-fictions"
(2023 )
Il compositore canadese Yves Daoust è tornato, per portarci in una nuova esperienza elettroacustica. Per conoscerlo meglio, egli stesso ci dà qualche indicazione discografica. Nel 1975, aveva realizzato “Paris, Les grand-magasins”, un audio-documentario che riportava l'ambiente di un centro commerciale. Oggi li chiamiamo “field recordings”, e in questo caso si trattava di un'ambientazione realistica, oggettiva, richiamata alle orecchie per ascoltarla con senso critico. Al contrario, nel 1979 realizzò “Quatuor”, che è un brano assolutamente astratto, pura estetica priva di referente.
“Docu-fictions” unisce questi due approcci, restituendoci una realtà oggettiva ma distorta, surreale, condita dagli strumenti musicali che agiscono in maniera improvvisata. Non a caso, il quarto brano si chiama “Impromptu 2”, che è un'agitata composizione per pianoforte, circondata da rumori stradali, strepitio di bambini e poi di folle, ed eventi acustici non immediatamente riconoscibili. Il pianoforte non resta a lungo naturale, anche il proprio suono subirà forti deformazioni. Ma spiccano i primi due episodi di quest'album (sono cinque in tutto), che sono fra loro legati.
Si tratta della stessa idea, “Lily”, in due versioni. La prima presenta la “materia prima” elettroacustica così com'è: campioni di voce femminile, ripetuti, distorti e perturbanti. Sospiri, gemiti e sforzi che non si capisce siano di dolore, di amplesso o di parto. Accanto ad essi, la stessa voce femminile parla, racconta. Daoust ci comunica che sono “confidenze di una cortigiana”. Non conoscendo il francese, non vi so dire se ci siano connotazioni politiche, nella narrazione; ma l'esperimento ricorda il lavoro del 1989, sempre di Daoust, per “L'extase”, dall'album “Anecdotes”. Nella seconda versione, leggermente più breve (da 17 a 13 minuti), risentiamo buona parte di questi campionamenti, ma accompagnati dalla musica della violinista Lynn Kuo, e dal fisarmonicista Joseph Petric. I musicisti improvvisano in maniera atonale, tra glissati e cluster.
Tra le due “Lily” e “Impromptu 2” c'è un breve “Intermède”, che è fatto di traffico urbano, tra clacson, sirene ed elicotteri, ma inghiottito dall'elettronica, nella quale ad un certo punto sentiamo lo scintillare accelerato di campane. L'ultimo brano, “Calme chaos”, è orchestrale e dissonante, molto novecentesco diciamo. Però la musica viene alternata da improvvisi silenzi totali, rotti poi da annunci radiofonici, suonerie di vecchi cellulari (i modelli symbian, quelli coi primi brutti toni). La musica orchestrale si confronta con la realtà ambientale contemporanea, e sembra rispecchiarla. O viene da essa plasmata? È la domanda di sempre.
“Docu-fictions” è il nuovo capitolo di un'interessante discografia, da scoprire completamente. La creatività di Yves Daoust, le sequenze di eventi acustici così diversificati e senza sosta, rappresenta bene lo zeitgeist isterico dei nostri tempi, che nonostante la pandemia e la guerra, sembra ancora restare uguale a sé stesso, perlomeno in Occidente. Daoust trasfigura in arte la nostra realtà, il nostro rapporto con la tecnologia, la vita attuale, e il rapporto tra essa e la musica d'altri secoli. (Gilberto Ongaro)