OÏKOUMEN "Dystopia"
(2023 )
La distopia degli Oïkoumen è una visione allarmante, che affronta le ansie contemporanee, traducendole in symphonic metal dalle strutture progressive. L'album “Dystopia” inizia con la titletrack, in uno sfondo poco rassicurante, ma non da subito deflagrante. La distorsione si accende invece con “Insidious”. Le canzoni si sviluppano in maniere diverse, nonostante sia costante la “pacca”, la botta di sound pesante. “Slaughterhouse” indugia su accordi diminuiti, accentuando il senso di paura, con la voce di Laura Mazard ben presente nell'impianto granitico, con la sua voce dal registro soprano, che qua e là condisce le melodie di accortezze barocche, come gli staccati in “Burnout”.
Le canzoni procedono come racconti, e per questo si sviluppano progressivamente. Dalle sensazioni di paura, il punto di svolta è quando arrivano i guerrieri verdi, in “Green warriors”. Il suono duro, dal rappresentare qualcosa da temere, muta nell'energia da afferrare, per affrontare la situazione.
Ecco perché sconsiglio l'ascolto su Spotify, a meno che non ricordiate di togliere l'odiosa funzione “shuffle”. “Dystopia” va ascoltato dall'inizio alla fine e nell'ordine di scaletta prestabilito, per apprezzare il suo divenire, che inizia con la “Dystopia” per finire coi 9 minuti di “Utopia”, brano a sorpresa acustico, costruito su una tessitura rinascimentale. E nel recitato, i nostri guerrieri verdi ci lasciano con un messaggio propositivo: “There is no plan B (…) I don't believe in this rotten humanity. We can be more, we can be fair”. (Gilberto Ongaro)