ZANGHI "Notes from my garden"
(2023 )
Ho ascoltato più volte questo disco, che inizialmente mi pareva dovesse appartenere alla folta schiera del genere jazz moderno...
Silvano Zanghi, ottimo bassista/contrabbassista, ci propone otto brani inediti ed è autore delle note dal suo giardino sia per le musiche che su testi in italiano.
Rimarcando che nella rassegna stampa si segnala che vi sono influenze funky, soul e blues, di primo acchito mi è nata una leggera inquietudine mista a curiosità... Di notevole caratura la presenza di musicisti affermati facenti parte del combo capitanato da Zanghi... due cantanti (voce femminile e voce maschile), un polistrumentista eclettico (prevalentemente piano e sax) ...ed una "vecchia conoscenza" alla batteria, per la quale leggendo il nome nei crediti ho fatto un piccolo sobbalzo sul mio sgabello... (sì, quello da batterista appunto...)
Trattasi di Luca Martelli... versatile ed appassionato artista che ho visto ed ascoltato già nell'area magica dei Litfiba/Piero Pelù e con Giorgio Canali...!
Il primo brano "Hypnotized" apre il disco, ed a ragion veduta lo considero il migliore episodio di tutto il CD... atmosfere Jazzy cantate in inglese (buono...) con una voce femminile eccelsa che a volte mi ricorda le soliste americane dei Manhattan Transfer (in particolare Cheryl Bentyne), ottimo arrangiamento ritmico con mirabili soli di piano e sax... un gran bel pezzo dal mood internazionale...
Diverso registro per la seconda traccia in scaletta: "Warlock", dal lento incedere cadenzato dal piano elettrico e da un testo inglese un po' discutibile cantato da un crooner maschile...
Un up tempo cantato in italiano è "Lontano da te", terzo brano che però, nonostante la buona ritmica ed i contrappunti pianistici, non mi coinvolge più di tanto, probabilmente per il testo un poco fragile e per la prevedibiltà armonica...
Il mood musicale, proseguendo, varia ancora ed entra nel blues di "Through the shadows", cantato in inglese (?)... mi allieta la presenza del suono dell'organo Hammond, ma questa quarta traccia la trovo un tantino didascalica e legata eccessivamente agli standard del genere.
Molto riuscito a mio parere, invece, è il brano funky successivo "Strana città", cantato in italiano dalla voce femminile e sostenuto da una efficace ritmica (qui Luca Martelli docet) oltre che da un piano elettrico dal fraseggio leggero ed agile, mi ricorda vagamente la canzone "Ma perché" dei primi Matia Bazar...!
Col sesto brano torniamo ad atmosfere lente cantate con attitudine ancora da crooner (alla Bublè) dal sapore bluesy; il piano è protagonista in questo "Snow flake", e molto d'atmosfera è il solo di sax finale... Un episodio a mio parere evitabile è invece il brano seguente "Libera il cuore", su cui vorrei glissare (testo in italiano e cacofonia generale).
Chiude il disco un altro buon brano funky, "Time is right", cantato in inglese e con sempre in evidenza piano e batteria.
Complessivamente, questo è un discreto lavoro, dove non mancano luci ed ombre... volendo fare un paragone culinario mi verrebbe da dire che rivedere gli ingredienti ed i tempi di cottura non sarebbe male...
Non si discute la professionalità dei nostri artisti, ma forse emerge all'ascolto una eccessiva eterogeneità... l'accostamento di diversi generi all'interno di una cornice jazz ed i testi in italiano ed in inglese cantati in alternanza da voce femminile e maschile non fanno chiudere il cerchio... Voto 6/7. (Roberto Celi)