recensioni dischi
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ADAM STANOVIĆ  "Hymnes sans paroles"
   (2023 )

L'artista elettroacustico Adam Stanović, esperto di musica acusmatica, ci trasporta in una realtà fatta di rumori e suoni ben levigati, elaborati, tridimensionali ed avvolgenti, come vuole la tradizione della musica concreta. “Hymnes sans paroles” è un'esperienza totalizzante per l'ascoltatore, tra le bufere di vento dell'iniziale “We are the voices of the wandering wind” e i paradisi artificiali al centro di “Helix”. Per Stanović, questo è il frutto di lavori di ricerca sul suono, e sulla performance stessa, nell'ambito dell'elettronica live. Stanović traduce in quello che stiamo ascoltando, il risultato di studi e riflessioni filosofiche, nonché di un metodo analitico sulla composizione.

In ogni momento, possiamo godere di fasi statiche e di suspense, per essere sorpresi da impetuosi colpi non identificati. “Baltazar's adventure through the great machine” sembra proporre il funzionamento di un qualche marchingegno industriale non identificato, mentre la sopracitata “Helix” è una cascata di suoni iridescenti. L'effetto dei botti è altamente cinematico. I quasi 21 minuti di viaggio di “Goodnight, tin hau” conferma quest'impressione. Portelli che si aprono, segnali elettronici, vuoti d'aria, vetri infranti, ticchettii, field recordings di gallerie stradali, traffico e uccellini... A momenti, viene da pensare alla voce sussurrata del Dolby Surround: “All... around... you...”!

Scherzi a parte, “Tu U.S.S..S...” ha un titolo che sa di eco. Come si può notare, ad ogni ripetizione della “S”, aumenta un punto di sospensione. E i suoi nove minuti rombano nello spazio, scaldati da una chitarra industrial, evocando ambienti turbolenti e impressioni tecnologiche, intraducibili a parole. Finora, il sound incontrato è molto solido, d'acciaio, e ciò che è gassoso come i flussi d'aria, è comunque d'impatto violento: sono scoppi ad alta pressione. Invece, “Hymn without words” chiude l'album cambiando ambiente. I suoni si fanno più morbidi e vaporosi, una fitta texture di foschie, generate anche da voci di coro. Lentamente, questi suoni eterei vengono raggiunti da percussioni elettroniche, che però fin da subito appaiono fortemente distorte e decostruite.

“Hymnes sans paroles” è un disco che fa della catarsi il suo scopo. (Gilberto Ongaro)