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ANDREA MIRO'  "Camere con vista"
   (2023 )

Scegliere i brani per un best of non è mai cosa facile, per un artista. Deve scegliere i propri figli “migliori”, e decidere cosa lasciare in ombra. Nel caso di Andrea Mirò, cantante attiva fin dal 1986, c'è l'imbarazzo della scelta, non solo per la quantità di canzoni prodotte, ma anche per poter testimoniare le varie vesti che l'artista ha indossato negli anni. “Camere con vista” è un doppio album che raccoglie pezzi di vita di Andrea, partendo però dal 2000, quando inizia a presentarsi come cantautrice. Ci sono i brani più rock, sempre con vocazione pop, come “Prima che sia domani”, e le storie in salsa folk, come in “Romanzo popolare”, e le hit che ricordano la collaborazione di lunga data di Mirò con il compagno Enrico Ruggeri, come “Primavera a Sarajevo” e “Nessuno tocchi Caino”, scritte entrambe a quattro mani.

Ci sono più volte passaggi che mostrano la capacità di cercare soluzioni armoniche non scontate, come le modulazioni al pianoforte de “Il pasto”, ma anche all'inizio del secondo disco, con le progressioni di “Un piccolo graffio”. Non poteva mancare “Notte di Praga”, canzone con cui Andrea partecipò a Sanremo '87, la troviamo alla fine del primo album, in medley con “Canzone del perdono”, che invece è la prima canzone con cui Mirò era uscita come cantautrice. Questa, come “Stanza 24” ed altre, sono registrazioni dal vivo.

Variegata è la lista di argomenti affrontati nei testi, come l'uso delle armi negli Stati Uniti in “Hey cowboy”, o il classico topoi del pagliaccio malinconico, in “Opinioni di un clown”, anche se i testi più efficaci sono quelli a sfondo sociale, come “La scelta di Silvia”, che affronta l'aborto, “I figli degli altri”, dove Mirò si immedesima in una colf extracomunitaria, nel suo punto di vista in cui tiene a bada i figli di “persone perbene” troppo occupate, mentre è lontana dai propri. Ecco la tipica sensibilità d'autrice, che illumina chi è spesso in ombra. “E passa invisibile la mia quotidianità, soltanto una faccia, l'altra della realtà”. “Nairobi-Milano”, che affronta lo sfruttamento delle donne, è interessante anche dal punto di vista strettamente musicale, con la voce effettata e la batteria che all'inizio ha suoni sperimentali.

Questo percorso, dal 2000 ad anni più recenti, è anche la testimonianza di qualcosa che non riguarda solo Andrea Mirò: lo sviluppo della produzione musicale. Si sente che si passa da quel pop rock degli anni '00, con chitarre elettriche e basso che primeggiano sulla voce (ma non la coprono), a incisioni più recenti, dove la voce è sparata alta e super corretta, anche quando non ce n'è bisogno. Questo non scalfisce nulla sul contenuto testuale e compositivo, dato che Andrea continua a giocare con l'armonia: non si è mai adattata all'appiattimento imposto negli ultimi anni. Ma il sound delle sue ultime canzoni, è per forza di cose levigato, e questo è fuori dal suo controllo.

Apro una parentesi: ascoltate l'ultimo disco di Guccini. Si capisce che è Guccini, e che ha più di 80 anni e forse un aiutino gli serviva. Ma porco cane, la sua voce ora fa lo stesso effetto di quella di Gianna Nannini e di Marco Masini nelle ultime canzoni: il timbro personale che li caratterizzava, viene come dire “imbottigliato” da questa pratica di correzione matematica ed asettica. A volte, l'effetto standardizzante si sente anche in Mirò: “Il sogno dell'astronauta” è un suggestivo rock melodico, ma a tratti sembra cantato da Fiorella Mannoia... Non so se riesco a spiegarmi. Se ascolti Mannoia e Mirò dal vivo, le distingui chiaramente, nelle loro personalità vocali ben distinte; ma questo dispositivo fa assomigliare tutte le voci. Non stiamo esagerando? E non mi raccontate che il mercato si autoregola... “Una nuova religione dei consumi”, canta proprio Mirò in “Database”, anche se lei si riferisce all'impatto di Internet sulle nostre esistenze; ma lascio qui il verso ad attecchire alla coscienza.

Altre perle nell'album sono “Faust”, brano vincitore del Premio Lunezia, “Senza che nulla cambi” che ospita Dargen D'amico, l'ironica “Preghierina dell'infame” con Neri Marcoré, e tanto altro, soprattutto il folgorante racconto di chiusura “Reo confesso”, la confessione di un femminicidio sopra un valzer. Per scoprire un'artista presente da tanti anni sulla scena italiana, ma magari non ancora nota a tutti. (Gilberto Ongaro)