BRUNO DORELLA "Paradiso"
(2023 )
Partiamo da lontano. Molto lontano. Da distanze siderali. Ci fanno compagnia un nuovo album e il nuovo libro dello scienziato Amedeo Balbi "Su un altro pianeta" (Rizzoli).
Siamo soli nell'universo? Chi ci ha voluti qui? Ci sono altri mondi abitati da intelligenze superiori alla media, tipo capaci di non fare i recenti mondiali di calcio in paesi dove vige la pena di morte, dare credito politico a comici come Grillo o a virare un paese verso bolsonare compagini nostalgiche e pasticcione capaci di dire che Dante fu il capostipite della cultura di destra?
Che spreco di spazio sarebbe altrimenti se fossimo soli, direbbe l'astrofisico Carl Sagan, autore del romanzo "Contact" da cui l'omonimo meritoriamente acclamato film. Che poi soli lo siamo comunque, perché irraggiungibili su questo sasso rotante ai margini della galassia, casomai già raggiunti ma da microbi o spore alieni, o sorvegliati speciali da entità capaci di viaggiare da un ammasso stellare all'altro in un batter di ciglio, che stanno coscientemente alla larga dai presunti sapiens quanto basta per non farsene contaminare e li osservano come faremmo noi coi bacilli su un vetrino.
In attesa che gli omini verdi si appalesino o che gli umani siano tanto astuti da predisporre o raggiungere un pianeta b dopo aver massacrato e reso inabitabile la loro madre terra prima che se la pappi il sole nella sua terza età, cerchiamo la colonna sonora adatta per pensare a tali argomenti, da microbi che siamo, e pensare magari in grande, oltre le mode del momento, e con proporzioni vertiginose, da far arrossire Rocco Siffredi. Ossia con distanze da misurare in anni luce e dimensioni multiple da immaginare con tesseratti alla ''Interstellar'' di Christopher Nolan.
Da bambino ho visto un ufo, mi dice il vicino di casa portando fuori la spazza, potete anche non crederci ma andò così, mi cascasse la mano. Ecco spiegate tante cose, penso io. Non per questo sono un complottista che crede ciecamente a miti come l'area 51, il mostro di Lochness, la telecinesi, non sono certo novax/proputin/nopos/no tutto, Dio liberi, prosegue il vicino. E in effetti ha ragione: come suggerisce anche il bel libro di Balbi, l'unico mezzo per non soccombere sulla terra è rimanerci visto che è l'unica astronave che abbiamo, studiare, informarsi. Non mettere la testa nella sabbia esponendo le terga al primo venuto.
Se possiamo leggere qui e ora Music Map lo dobbiamo anche alla scienza che ha reso possibile Internet e le necessarie infrastrutture, no? Semplicemente è stata una esperienza, quell'ufo, dice il vicino sornione prima di tornare a cuocere il suo lesso. E io torno a scrivere dopo avere innaffiato ciò che resta delle piante con questo caldo anomalo di inizio gennaio. Mi stavo intanto giusto chiedendo che fine aveva fatto Bruno Dorella, altro bell'esemplare di alieno doc insieme con quel bellimbusto sonoro e canoro che è Gianni Succi con cui ha dato vita i magnifici Bachi da pietra, quelli di perle come "Quintale" e "Fascite necroide". Due che vorrei come vicini, peraltro.
Dorella ora ci si presenta con un lavoro indie del tutto diverso e che ci porta ad altre latitudini, anzi ad altre coordinate celesti, l'album "Paradiso" che per suonar bene nella stanza chiederebbe due altoparlanti a nastro come le mitiche Hohner Sinus one progettate a Vedano Olona (info in rete), ma se non le avete pazienza, aguzzate l'udito con le casse domestiche.
Che fa il buon Dorella? Sulla scia di certo space rock e delle suggestioni ambient di Brian Eno, eccolo alle prese con un progetto senz'altro mesmerico e affascinante, quello che ci vuole per uscire indenni e positivi da queste notti e questi giorni. Dorella, celebre metà del duo OvO ed anche fondatore dei citati Bachi e dei Ronin, e pure componente dei Wolfango, dei Lava, fondatore della celebre etichetta Bar La Muerte, è quatto quatto dietro le quinte da considerare uno dei personaggi più importanti del nuovo rock italiano. Stavolta ha realizzato qualcosa di anomalo quanto inattuale e quindi necessario, ovvero le musiche per un progetto performativo del Gruppo Nanou, la nota compagnia di danza contemporanea e arti performative. Un disco spaziale in tutti i sensi.
Come accennato, sono un cultore dei video e dei libri dell'astrofisico della Sapienza di Roma Amedeo Balbi, e di film di fantascienza di qualità come ''Interstellar'' di Nolan che ha ormai quasi 10 anni ottimamente portati. Il suono vero di alcuni pianeti lo possiamo ascoltare grazie alla rete (Marte e Venere ad esempio) e agli scienziati che lo hanno reso ascoltabile. Ora Dorella fa un percorso in più, porta l'asticella un po' più in alto, come fece Gustav Holst con la composizione che lo rese celebre dopo tanta gavetta ossia ''The planets'' (di recente è comparsa in rete una versione di "Savitri" che documenta il profondo amore per l'India del compositore britannico).
Il disco di Dorella esce per l’etichetta indipendente 13 / Silentes, con distribuzione fisica Goodfellas e distribuzione digitale Audioglobe. Si tratta del suo primo album di musica elettronica con la quale ha letteralmente vestito di suono i corpi e le coreografie per il gruppo performativo, ma l'album ha una sua autonoma pregnanza e una sua potenza intrinseca che lo qualifica anche come progetto autonomo e indipendente pure dai canoni e dalle committenze che lo ispirano.
Il viaggio di ''Paradiso'' si articola nel complesso in tredici brani e si conclude con la title track, che è anche l’unico episodio in programma assimilabile alla forma-canzone, per quanto “aliena”, e che vede ospite Francesca Amati dei Comaneci. In complesso sono brani ispirati dai canti dell’opera di Dante (quello vero, non quello del ministro Sangiuliano) che attraversano lo spazio e chiedono udienza alle vostre orecchie. Abitateli. Ascoltateli. Non possono lasciarvi indifferenti a meno che non siate stati ormai irrimediabilmente, ahivoi, lobotomizzati dalla melassa mainstream che prorompe a ogni ora del giorno e della notte dai nostri presunti media. Voto 9. (Lorenzo Morandotti)