recensioni dischi
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OAKS  "Genesis of the abstract"
   (2023 )

“Genesis of the Abstract” è il primo lavoro in studio dei francesi Oaks. Anticipato da due singoli pubblicati a febbraio e luglio dello scorso anno, il disco ha visto la luce all’alba dell’autunno e comprende sette brani che esplorano una zona grigia fra post e progressive metal, accogliendo influenze di vario tipo, che vanno dai Mastodon e i Tool ai Russian Circles e, in alcuni casi, anche ai Pink Floyd.

Gli Oaks definiscono il loro metal “concettuale”, articolando una proposta interamente strumentale che si propone di essere molto evocativa e ci riesce perfettamente.

Un senso di profonda oscurità permea “The Genesis”, che inaugura il lotto e spiana la strada ai riff possenti di “The Void”, con il basso e la batteria a dettare i tempi cangianti dei ricami chitarristici. “The Armonist” è il brano più lungo del disco: oltre dieci minuti di trame che crescono di intensità e che ridisegnano ambientazioni cupe, passando per scenari doom ed evolvendosi lentamente in un raffinato post-metal.

“The Chasm” riesce ancora a calibrare al meglio l’equilibrio tra prog e post-metal, anche grazie al brillante lavoro del basso che funge da struttura portante, anticipando le rarefazioni vagamente psichedeliche dell’intermezzo “The Dawn” e l’elettricità di “The Abstract”, che va via via irrobustendosi dopo deliziose parentesi batteristiche e riprendendo un’atmosfera più fredda e meno umorale. “The Shape” è il finale: più post- che progressive in senso stretto, il brano incede più lentamente e cresce, prima di sfumare su una voce femminile.

Gli Oaks debuttano in bello stile, dimostrando già di avere idee chiarissime e di sapere come esaltare ciascuno le caratteristiche dei due compagni di viaggio. (Piergiuseppe Lippolis)