ANDREA CASSESE "Paesi semplici"
(2022 )
Si intitola "Paesi Semplici" il terzo album del bravo cantautore napoletano Andrea Cassese, e come egli stesso ha voluto evidenziare, al centro dell'attenzione vi è il tema comune del paesaggio, tornato prepotentemente in arcione in questo periodo "un po' giallo ed un po' noir" legato a visioni condizionate, introspezioni profonde, grande insicurezza.
Dieci sono i brani che compongono questo disco, che si avvale di collaborazioni di grande spessore, prima tra tutte quella della "pasionaria" del folk italiano Giovanna Marini, la cui voce non ha perso una sola oncia di tutta la sua graffiante incisività, ed ancora un nome sempre molto presente del cantautorato partenopeo qual è Nino Buonocore, e Kaw Sissoko, polistrumentista eclettico dell'Orchestra di Piazza Vittorio.
"Racconto la ricerca di un tempo ma soprattutto di un luogo che sfugge alla presenza di tutti i giorni'' racconta Andrea Cassese. E' un racconto vitale che mette in luce le radici mediterranee come una nuova esperienza culturale e non solo di analisi che è destinata a rinsaldare i legami dell'essere e della sua ricerca di sé stesso dentro qualcosa che protegge, che pone al sicuro, che dona calore.
Lo si coglie al volo già dal brano che da' il nome all'album: un inizio potente di chitarra, un accordo che graffia sino al cuore, profumo di notte che si nasconde tra la luna e la campagna. Balenano i sogni, quelli che furono e quelli che saranno: "non c'è niente che si vede, bene come i nostri sogni, quando intorno c'è una folla e nel centro una preghiera". Dentro la misura del paesaggio che ci perdona ancora adesso, una visione di amore perduto e mai più riconquistato, un desiderio che torna a farsi vivo, pulsante, "la misura di un respiro in un paesaggio che ci abbraccia ancora adesso".
Suoni da ballad per "Tarassaco": i semi balsamici di questa pianta aiutano a dimenticare ma anche a ricordare, un residuo di costruzione di quel paese dimenticato e di un cantiere a ridosso dell'ipermercato. Il cemento e le illusioni che paiono fondersi in una sorta di martellante ossessione che il tempo cancellerà: la voce di Nino Buonocore è sempre caldissima e brillante come al solito.
Le visioni crepuscolari si accentrano nei tre motivi che sorreggono tutto l'album, ovvero ''Una pausa'', ''Beata la casa'' e il sopraccitato ''Paesi semplici'': quella esigenza di invertire la rotta, ed abbandonare la convivenza con la insostenibiltà di un mondo capitalistico. In questi brani ecco gli strumenti che sono quelli tipici della musica folk, dal flauto al clarinetto, e della musica popolare italiana. ''Paesi semplici'' raffigura un animo che a volte potrà perdere la dignità, ma che ha sempre l'opportunità di rialzarsi, senza avere mai paura di essere imprigionato. (Leo Cotugno)