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FULVIO BOZZETTA  "Simpatico mi"
   (2022 )

“No la va più de nessun, niente più tè in casa dei Milosevic, dei Ongaro, dei Vram”. Visto il mio cognome, mi sento preso in causa! Questa “vedova ancora bella” non viene più a prendere il tè... infatti non l'ho mai vista! Carolus Luigi Cergoly fu poeta triestino, e il cantautore Fulvio Bozzetta decide di dedicargli il suo nuovo album, musicando le sue poesie. Esce così “Simpatico mi”, per Lademoto Records. Sono 21 brani, di cui 2 testi sono scritti dallo stesso Bozzetta, mettendo insieme alcuni estratti di Cergoly, come una sorta di riassunto di suggestioni (“Voi che no gavè letto” e “Pot-pourri sul mar”).

Le musiche seguono la metrica, e quando la metrica si fa dispari, anche la musica si complica (“El kolo go balà”). Arrangiamenti di chitarra e voce, conditi spesso da violini e fiati. Molti brani sono malinconici, ma c'è spazio anche per divertenti marce “ebraiche” (ammiccano al klezmer). Come “Arone Pakitz” e la titletrack. Più volte, le parole bussano alle porte di Mathausen. A questo proposito, è da sottolineare “Fuma el camìn”. Facile intuire che non sia il caminetto di casa: “Xè un brusar ebrei e slavi. Intanto a Ginevra stasera Parsifal di Richard Wagner, Toscanini dirige”. Se non c'è nulla da commentare su questi versi, curiosa però è la struttura musicale: da una chitarra muta, rimata dal solo battito della cassa, si trasforma in una festosa polka, nonostante l'argomento.

Cergoly, nato nel 1908 e morto nel 1987, è stato chiaramente segnato dalla Seconda Guerra Mondiale. Ricorrenti sono le evocazioni di nazisti e partigiani. Ma la vedova citata qui in apertura, è nel brano “In corsia Stadion”, ambientata nella Prima. Purtroppo ha fatto la scelta fatale: “La morte per velen la se ga da”. Pensandoci, si capisce il senso di questo verso: “Oh satanica Europa delle patrie in maschera”! Non è l'unica donna suicida. Ce n'è un'altra per le malelingue, in “Vida de Duin”. La povera Vida, dopo tre mesi dal matrimonio la xé “scampada a Fiume, con certo Morin, omo de mar”. Questa fuga d'amore è durata poco, un “fumo de sigaretta”, ma tanto è bastato per subire l'onta pubblica: “Tornada a casa nissun più la vardava, sui muri 'Vida pu...', nessun più ghe parlava, gnanca per sbaglio. Vida stanca, Vida disperada, la se butava in mar, 'negàndose [annegando, nda]”. L'onta invece lui mica la subisce: “Piero Morin, intanto navigava lungo el canale de Suez bevendo gin, fumando spagnoletti con Lola Montez del circo de Madrid, insempiada de lui, inamorata”. Quando il poeta scrive bene, non c'è bisogno di parafrasi. Come per la grottesca “Piassa la ghe ga subito”, dove (se non fraintendo) una ballerina finisce male per le attenzioni di un pazzo: “La ga copada, squartandola. Cortel a scat per veder dentro, come che jera fato sto suo jùjù”. Il brano è arrangiato da un pianoforte e da un effetto vinile. Nei brani più leggeri c'è uno swing tendente al charleston lento, tipo le musiche di Ollio e Stanlio per capirci. Come in “Passeggiar la città”, dove il poeta viene giudicato per la rosa in bocca che porta. Diventa iconico il “capotto”, dentro il quale si nasconde.

Trieste è infine una protagonista d'eccellenza: il suo “Ponterosso”, di questa città “lunatica e nervosa, imboresso de feste, groppo de sentimenti” (da “Hohò Trieste”), ospita un senzatetto, al quale è dedicata la “Poesia de un barbon”, che canta la sua solitudine. Ma chi di voi sa cosa sono i “cocai”? Scrivo da Padova, eppure questa parola la usiamo anche noi, seppure la capiscano i più “colti”. I gabbiani, ma anche tanti altri elementi del mare, e il mare stesso come soggetto, ritornano spesso, in “Chi no capissi el mar”, “Go visto le sirene”. E' importante, perché “fora de là semo vegnudi tuti”. Tutti veniamo dal mare.

A voi scoprire da soli il pazzo di “Cinque anni de psichiatrico”, l'amore toccante di “Perché te vojo ben” e di “No dirme niente”, e a scoprire cos'è che piacerebbe al poeta in “Cussì me piaseria”. Bozzetta ci ha fatto un regalo, come Olden per Gianni Siviero: donare la sua voce e la sua arte ad un'altra personalità, omaggiandola e facendone memoria per tutti, per scoprire la sua “Radice ungaro slava”. (Gilberto Ongaro)