recensioni dischi
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ORBEL  "Lur hezea"
   (2022 )

A tre anni di distanza dal debutto con “Hegan”, sono tornati gli Orbel, formazione francese proveniente da una zona che coincide con l’antica provincia basca del Labourd. Per prossimità geografica e culturale, gli stessi Orbel, proprio come avvenuto per l’album di debutto, scelgono ancora la lingua basca per colorare un sound personale e molto atmosferico.

Se tre anni fa la band esplorava territori vicini al metal, la scelta nel nuovo “Lur Hezea” è indirizzata a strutture più melodiche, spesso riconducibili a un post rock in cui convivono ritmiche tribali, antichi riti pagani e scenari funerei.

Se a “Orban Irekiak” spetta il compito di introdurre un mondo tinto in scala di grigi, ma ancora investito da tracce di luce, già “Ufada” trascina nell’ipnosi di un qualche rito ancestrale, ma gioca su indovinati stop & go e su deliziosi ricami vocali, regalando le prime buone sensazioni di un disco che, col passare dei minuti, non fa che confermarsi a fuoco.

“Heriozko Glitza” scivola leggera e crepuscolare, ma sempre permeata da un senso di inquietudine, “Irentsi” flirta con idee più melodiche, “Lo” unisce una voce calda e rassicurante a un passo lento, da cinematografia dell’orrore, “Okerra” s’increspa e aggiunge soluzioni percussive. Funziona anche la chiusura, con “Hitzordua” e il climax di “Gau Batez” a mandare definitivamente in archivio un lavoro che conferma le belle intuizioni e il costante desiderio di ricerca di una band già capace di sviluppare una proposta realmente autentica. (Piergiuseppe Lippolis)