RICCARDO BUCK "Inward crawl"
(2022 )
Se uno sceglie di ricorrere a uno storico multitraccia Tascam che registra su cassetta, quando oggi si può ottenere una registrazione buona a prezzi accessibili, vuol dire che sta ricercando proprio quell'estetica lo-fi. Riccardo Buck, pittore e musicista, ha inciso il suo album “Inward Crawl” in questo modo, e si sente: durante le tracce, si percepisce il fruscio di fondo, che viene troncato di colpo quando la traccia finisce. Fa parte del fascino low fidelity.
Uscito per Pipapop Records, “Inward Crawl” è composto da sette canzoni per chitarra acustica e voce, e quasi nient'altro. Un approccio intimista che richiama alla mente Daniel Johnston. Se non vi ricordate chi sia Daniel Johnston, era quell'outsider, al riparo dallo star system; e Kurt Cobain indossava più volte una maglietta con l'alieno della copertina di un suo disco.
Tornando a Buck, le sue canzoni hanno una composta malinconia, che traspare dalla voce e anche dalla scelta degli accordi, spesso in settima, come nella titletrack. C'è più tenerezza in “Tomorrow comes too soon”, con qualche piccolo contributo di tastiera e basso (o è la stessa chitarra con accordatura libera, potrebbe essere). Riccardo canta piano, quasi per non disturbare, come si sente in “Venice by night”. L'album è stato registrato a Venezia, quindi può essere che questo pezzo abbia attinto dall'atmosfera in cui si trovava in quel momento.
“Inward Crawl” è un piccolo cantuccio riparato, dove star seduti con la stufa a legna. (Gilberto Ongaro)