SIMPLE MINDS "Direction of the heart"
(2022 )
L'approccio con ogni nuovo album di Jim Kerr e soci è più o meno sempre quello di chi deve reincontrarsi con un qualche vecchio amico d'adolescenza, per cui da un lato non vedi l'ora di ricordare i vecchi tempi, ma dall'altro sai che ormai le cose sono cambiate e probabilmente, dopo le prime emozioni eccetera, si passerà una serata non tanto noiosa quanto, forse, senza particolari sbalzi e sorprese.
Perché dai, chi è cresciuto con certi album non se li potrà mai dimenticare, e potrà anche accettare che gli ultimi 20 anni siano stati tutto sommato regolari, privi di colpi di testa e di album dal sound riconoscibile e tranquillo. E, con Jim Kerr in sottofondo a lamentarsi del fatto che tutte le volte si dica "ok, non è male, però New Gold Dream, però quegli altri...", pure "Direction of the heart" parte benino, per poi assestarsi ad una velocità di crociera che non addormenta ma nemmeno ha quelle incoscienze musicali dei bei tempi.
La curiosa "Human traffic" (con cameo del 50% degli Sparks), "First you jump" come solito meraviglioso aggancio di quando nelle Menti Semplici pompavano anche i tamburi e non solo la comunque meravigliosa combo tra chitarre e tastiere, fino a "Solstice kiss", dove il recensore si pianta. Ascoltando quelle atmosfere celtiche che erano di "Street fighting years", album tanto famoso quanto poi almeno soggettivamente detestato, perché portò gli scozzesi a giocare su campi che non erano quelli che venivano loro richiesti.
Il viaggio arriva poi in fondo, con la gradevole title track prima di "Wondertimes", chiusura rimettendo l'auto in garage senza cucci né graffi. Tradotto in soldoni: questi sono i Simple Minds di oggi, l'amico che rivedi/risenti con piacere, pur capendo che non potrete impazzire assieme come quando si era giovani, ma che, pur raccontandovi reciprocamente di problemi quotidiani e non di conquiste amorose, è meglio sapere che c'è ancora e non è invece stato portato via dal destino. (Enrico Faggiano)