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THE SHIFTY SPLIT  "Only after"
   (2022 )

Ardua da catalogare, è forse accostabile soltanto ad una peculiare declinazione del caro vecchio blues questa musica notturna e profonda, stesa come un manto da Renato Elia sulle nove tracce di “Only after”, nuovo capitolo del progetto The Shifty Split su etichetta Brutture Moderne.

Forte della collaborazione di un nutrito collettivo di musicisti di lungo corso, Elia realizza un album a tema incentrato sulla controversa figura di Alexandre “Marius” Jacob, l’anarchico francese al quale (forse) si ispirò Maurice Leblanc per la creazione del personaggio letterario di Arsenio Lupin.

Per certi versi affine all’operazione concettuale sottesa al “Notturno americano” del trio Clementi/Nuccini/Reverberi, il lavoro ripercorre alcune tappe centrali della vita di Jacob, dalla rocambolesca, perduta infanzia perduta fino al suicidio, avvenuto all’età di settantacinque anni con un’iniezione di morfina.

A fungere da spina dorsale per il racconto, melodie sfigurate alla maniera obliqua e sbilenca di Tom Waits o Cesare Basile, screziate da disturbi gentili e da una voce sempre filtrata, puntellate da una ritmica spesso appena accentata, si tratti del passo nervoso di “The promise” o dell’incombente rimbombare di bassi à la Angelo Badalamenti di “Behind the corner”.

Quasi interamente sviluppato a partire da tonalità minori ed intrecciato come edera attorno a sonorità avvolgenti ed incupite, talora vicine alle digressioni psych-noir di Nero Kane, disegna scenari che hanno come sfondo una palpabile afflizione, dominante sì, ma mai rassegnata. Un microcosmo rovesciato di piccola grande umanità sul quale troneggiano le meste inflessioni folkish à la Handsome Family di “New shape”, le sbavature funk di “Night workers”, gli echi beatlesiani di “Brace yourself”, la crepuscolare atmosfera esitante di “Oil fable”, i sette minuti in lieve crescendo della title-track col suo incedere sì incalzante, ma insistentemente trattenuto ad un niente dalla deflagrazione.

In coda, gli ottantasette secondi strumentali di “Morphine”, poco più di una carezza a salutare l’uscita di scena in punta di piedi di un’anima tormentata, ma lucida e tenace fino all’epilogo, stoico inno all’autodeterminazione. (Manuel Maverna)