LUIGI ESPOSITO "Portami a vedere il mare"
(2022 )
Il gentile pianoforte di Luigi Esposito ci accompagna verso la costa, nell'album “Portami a vedere il mare”, uscito per Apogeo Records. Accompagnato dal batterista Emiliano Barrella, anch'egli dal tocco delicato, si apre con “Brezza”, brano tanto leggero quanto il venticello del titolo. Poi “Nord-ovest” è aperto da una melodia tenerella, che sarebbe piaciuta a Miyazaki per uno dei suoi capolavori d'animazione.
Il tema di “Nahual” ha una forza narrativa autosufficiente, anche senza l'ausilio di parole. Fa il primo ingresso la cantante ospite Fabiana Martone, che fa vocalizzi mediorientali, con esito complessivo suggestivo. La titletrack opta per molti arpeggi, affiancati dal rumore delle onde del mare, ricordando un po' le scelte stilistiche di Fiamma Velo, anch'essa pianista appassionata del mare. Un morbido ritmo in levare caratterizza “Susette”, con tema doppiato in più punti dal violino, dai picchi poetici.
Torna Fabiana Martone, stavolta cantando parole, da lei scritte, in “Ciardino 'e sale”. In attesa, Esposito ricerca qualche leggera dissonanza in partenza (ma non troppo ardita), tra il terzo grado maggiore e minore; poi, Martone inizia a cantare in napoletano. Diciamo che si “canta addosso” ciò che dice, è come un dialogo interiore, che riflette su ciò che osserva. I pensieri saranno poi corroborati dal crescendo pianistico, e dal batterista, che aumenta un po' la forza nelle spazzole.
Il titolo “Ingranaggi” colpisce subito la mia attenzione, in quanto pianista (scarso) con passione per il prog. La parola “ingranaggi” subito fa pensare a complicate strutture dispari per arrivare chissà dove. Niente di tutto questo: siamo però in 6/8 (o 3/4), e gli arpeggi effettivamente si intersecano tra loro, comunicando con la melodia. Il 3/4 continua anche in “Printemps”, brano che pare scritto apposta per competere con i celebri temi di Einaudi o Allevi. La sequenza armonica iniziale, che ritorna all'inizio dei giri, è un accordo minore con relativa quarta maggiore, una scelta sempre magica, e che nel pianoforte assume ancora più carattere, rinforzato dai piatti di Barrella.
“Mancarsi” non sprofonda mai nella tristezza più totale che può suggerire il titolo. Piuttosto, si insiste su accordi sospesi che non si risolvono mai nella tonalità principale. Si resta così in attesa, di sviluppi che arrivano ma non portano a conclusione, se non poco prima della fine, sottolineata dal graduale crescendo di piatti. E così finalmente si arriva ad una conclusione, in maggiore ma con la settima maggiore. Il classico accordo “adulto” diciamo, maturo, di qualcuno che sa accettare anche la malinconia nella serenità. Il disco si chiude con “Le sabbie del meriggio”, brano pallido e assorto dall'ispirazione romantica, che conclude in maniera soffice un disco tutto tenue, come una carezza. (Gilberto Ongaro)