SILVIA TAROZZI & DEBORAH WALKER "Canzoni di guerra, di lavoro e d'amore"
(2022 )
La violinista Silvia Tarozzi e la violoncellista Deborah Walker mescolano il loro stile d'avanguardia, col recupero di brani appartenenti al repertorio delle mondine e dei partigiani. Questo recupero di per sé è cosa già vista, infatti le due musiciste dichiarano la grande Giovanna Marini come esempio principale. Ma nei decenni, capita con frequenza che gli artisti ritornino ad attingere da queste musiche popolari storiche. Forse, perché più ci allontaniamo dal biennio 1943-45, più la coscienza di ciò che è stato si assottiglia; infatti, viste le attuali tendenze crescenti in Italia, più che mai c'è bisogno di ripartire dalle basi.
Tarozzi e Walker pubblicano per Unseen Worlds “Canzoni di guerra, di lavoro e d'amore”, un'operazione particolare. Inizia con “Country cloud”, dove si gioca con gli armonici. La melodia che esegue il violino potrebbe essere gioiosa, ma la resa sonora disturba la serenità. Ed ecco “La Lega”, aperta dal Coro delle Mondine di Bentivoglio, a canone: “Se ben che siamo donne, paura non ne abbiamo (…) e noialtri lavoratori vogliam la libertà”. Violino e violoncello creano rispettosi bicordi di supporto. “Pietà l'è morta” è in origine un canto alpino, con testo scritto dal comandante partigiano Nuto Revelli. Qui la melodia viene intonata dal violino in maniera suggestiva, raggiunta poi dalle voci delle due musiciste. Nel finale c'è spazio per tanti glissati, che poi torneranno come materia principale di “Parziale”.
Si continua con “Il bersagliere ha cento penne”, presentata in duplice versione. Nella prima, il violoncello che gratta sulle corde, mentre il violino intona il tema (e poi si scambiano), e poi parte delle strofe vengono cantate. La seconda versione è aperta dal suono della mbira, strumento tradizionale dello Zimbabwe (più nota la variante dello strumento chiamata “kalimba”); poi il testo integrale è cantato da Ola Obasi Nnanna, cantante gospel nigeriana, che dà un'interpretazione toccante, sostenuta dagli archi che creano un clima solenne. Ecco poi un altro esempio di musica contemporanea di Tarozzi e Walker: “Meccanica primitiva”, brano di rumoristica ottenuta con gli archi, che imita il funzionamento di ingranaggi. Mentre “Dondina” è uno spazio d'espressione tramite tremoli e trilli, sembra un dialogo fra i due strumenti.
“La campéna ed San Simòn – Ignoranti senza scuole” sono due brani in sequenza in una sola traccia. La prima è una filastrocca cantata in dialetto emiliano, che però può essere riconoscibile da altre parti d'Italia, con parole diverse. Dopo un inizio a cappella, armonici dilatati accompagnano il canto, che continuano a filastrocca finita, fungendo da ponte per giungere al secondo canto, dove si trasformano in un arpeggio “da liuto”. “Ignoranti senza scuole” dovrebbe essere insegnato a scuola, per... fomentare i figli dei proletari: “Ignoranti senza scuole, calpestate dal padron, eravam la plebe della terra, ma in risaia come in prigion. E ci hanno detto: 'Questa vita, la dovrete sempre far, e i padroni ci son sempre stati, e per sempre dovranno star' (…) se lottiamo avremo più giustizia, più diritto di pane e di lavor. Ma i padroni hanno armi di menzogna e corruzion, hanno i giornali, il cinema, la radio, che difende i profitti del padron”. Vi sembrano parole superate?
“Fa la nana” è una ninna nanna in tonalità minore, mentre “Tita” è una sovrapposizione di sillabe, filastrocche e onomatopee, raggiunta poi da un contrappunto di... campanelli di bicicletta! Ed infine la belligerante “Sentite buona gente”, il cui tema è suonato, e non si pronuncia il testo, che oggi sarebbe... politicamente scorretto. Ma di sicuro non è questa la motivazione che ha spinto a farne una versione solo strumentale, bensì la loro necessità sperimentale: il brano gradualmente sale di tonalità, ma glissando, senza far percepire uno stacco netto, se non nel rapido finale dove viene rivelato bruscamente. Belle idee, queste di Silvia Tarozzi e Deborah Walker, che “osano” giocare con un repertorio che alcuni potrebbero considerare sacro e intoccabile, ma che invece è lì apposta per essere tramandato, tropato, arricchito, attualizzato e quindi ricordato. (Gilberto Ongaro)