recensioni dischi
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ALESSANDRO INCORVAIA  "It emerged to hold me"
   (2022 )

Chi conosce la condizione di burnout, sa che è meglio non arrivarci, se possibile. Questa musica di Alessandro Incorvaia è nata da lì, come terapia. La musica è emersa per sostenerlo, cullarlo e farlo stare meglio. Sembra significare questo il titolo del suo album: “It emerged to hold me”.

Uscito per Shimmering Moods Records (il nome dell'etichetta è un programma: “umori luccicanti”), il disco è costituito da 6 brani, della durata di circa 5 o 6 minuti ciascuno. E sono costituiti da stratificazioni di suoni, di chitarra, synth, tastiere e campionamenti, per un risultato fluido, dei fondi sonori dal timbro cangiante, ma dal ritmo assente. Il suono complessivo è avvolgente, in 6 maniere diverse.

“Always been there” è crepuscolare, albeggiante. Inizialmente il fondo celeste è tranquillo, poi si colora di nuvolette luminose. L'armonia che si forma è sempre sospesa, nulla di drammatico; niente accordi minori, ma neanche maggiori. “And now it holds me, completely” invece possiede un piccolo vagare nella tonalità minore, ma con molte settime (e none, undicesime, tredicesime...) che la ammorbidiscono. Pace dei sensi totale, è un'immersione in un ambiente dilatato. Ma non è monotono: se per scherzo, saltate col cursore avanti e indietro nella traccia, allora vi accorgete che la sonorità cambia di continuo. Ma se invece ve la godete, sembra tutto così naturale, lento come il crescere di una pianta.

Diario di bordo. Sto scrivendo alle 6.44, devo dire che questa musica è perfetta per una levataccia. “From one side to the other, from one side to the other” avvolge la colazione in un contesto ideale. Suoni inizialmente bui, notturni, che gradualmente si aprono, ed accompagnano un risveglio che, si spera, oltre che fisico sia anche interiore. A metà traccia, Incorvaia ci concede la prima base ritmica elettronica percussiva, che incasella i liberi suoni ma non li vincola mai davvero: è come osservare una cascata da una rete di finestre. La regolarità geometrica sta davanti a noi e crea la stanza, ma fuori l'acqua scorre lo stesso.

Suoni azzurri continuano ad arrivarci con “Live them again and close them”, freschi per i primi 4 minuti, poi riscaldati negli ultimi 2 dalla distorsione, accennando ad un clima post-rock. Un introduzione di vivaci arpeggi apre “Solace” (che vuol dire “conforto”), per accompagnarci in un abisso interiore, che con l'ultima traccia si traduce in abisso marino, aperto all'inizio dall'infrangersi delle onde sulla costa. Il rumore delle onde svanisce, resta quello del fondale marino. Musica d'apnea, che ad un certo punto, in mezzo all'acqua verde scura, ci fa intravedere dei cavallucci marini, e dei pesci bioluminescenti (fuori di metafora, dei piccoli suoni acuti che si irradiano, sopra al fondo statico). E anche stavolta il “mare” verso la fine si distorce. Tutto questo è parte di te, abbine cura; infatti, questo brano si intitola “A part of me and I'll take care of”, che stranamente, termina con il suonare di campane, che sembrano quelle delle sbarre dei passaggi a livello. Forse un suono-simbolo di risveglio, dopo questa meditazione.

Una bella esperienza da fare. Al quinto brano mi sono addormentato; per riascoltare l'ultimo mi sono risvegliato (sono le 9.28). Se siete agitati per qualche motivo, provate la musica di Incorvaia: la terapia funziona! (Gilberto Ongaro)