KRAFTWERK "Computer world"
(1981 )
Il massimo del divertimento fu quando un allupato Jocelyn li presentò, a Discoring, con una versione italiana di “Pocket calculator”: perché in questo nuovo lavoro, i Kraftwerk si dedicarono intanto al nuovo mondo dei computer – sembrerebbero antiquariato, oggi come oggi -, citando anche discorsi su identità controllate e database mondiali che raccoglievano informazioni su ogni singolo essere umano. E decisero di tradurre una canzone in tutte le lingue, dal giapponese di “Dentaku” all’italiano, appunto: robotico, e ci mancherebbe altro, che intonava “sono l’operatore del minicalcolatore / se io premo un bottone lui mi fa una canzone”. Geniali, in un album che forse cominciava a dare segni di stanca, con esubero degli stessi suoni, ripetuti e campionati all’infinito. Però, forse, il problema non era tanto il fatto che i Kraftwerk non avessero più idee, ma che era cambiato il mondo attorno a loro: se nel 1977 buttarsi su un TEE era modo ideale per evitare il punk, ora tutti si fornivano di sintetizzatori. I Depeche Mode, ad esempio, clonarono in tutto e per tutto il macchinario che i Ralf & Florian si portavano in scena. E, alla fine, il loro restare fedeli alla linea li fece restare un po’ indietro rispetto alla tanta roba che usciva fuori, più fantasiosa, benchè l’idea originale era, sempre e comunque, loro. (Enrico Faggiano)