KRAFTWERK "The man machine"
(1978 )
Al fin arrivò il capolavoro, il sunto di tutto quello che avevano fatto. A partire dalla copertina, con i loro vestiti che sarebbero stati ripresi da tutti quelli che cercarono di imitarli (Bluvertigo, Kylie Minogue, o andatevi a vedere il capolavoro di cinema finnico “L’uomo senza passato”); per passare dalle loro pose, che li portò ad accuse di comunismo prima e nazismo poi. Ma ci fu anche l’invenzione dei robots, che li sostituivano nelle conferenze stampa o nelle performances televisive più noiose. Insomma, la roba più assurda che si potesse pensare, per un disco comunque eccezionale. Che comprende, tra le altre, forse la loro canzone più “romantica”, se vogliamo: “The model”, rifatta da tanti – Rammstein tra gli ultimi – anche se non è proprio un amore tipo Baglioni, per intenderci. C’è l’allucinata “Neon lights”, clonata recentemente dagli U2 e dai Simple Minds, o l’iniziale “The robots”, ad illustrare la filosofia. “Siamo programmati per fare tutto quello che vuoi”, dicevano con il loro vocoder: se volete il disco elettronico per eccellenza, passate di qua. Futurismo sintetizzato, con forse più cervello che cuore. Ma i robots non sono fatti per avere sentimenti. (Enrico Faggiano)