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THE JAZZ RUSSELL  "Rhythm is our business volume 2"
   (2022 )

Cercare la libertà di espressione all'interno di una tradizione mantenuta forte, viva. The Jazz Russell, quartetto raffinatissimo, e che ha in Filippo Delogu un chitarrista dal talento brillante e propulsivo, propone "Rhythm Is Our Business, volume 2", il cui motivo conduttore è sempre quello della originalità attraverso la partecipazione di tutti gli strumenti.

Nessuna dominanza, ma un aperto dialogo musicale che va a raggiungere confini affascinanti, da quelli classicheggianti di Horace Silver ai più sarcastici orleanisti sono temi suadenti rivisitati in una chiave molto personale dove cogliamo al volo una freschezza ricercata.

Il quartetto è formato, oltre che da Filippo Delogu, fine arrangiatore e come già detto chitarrista di gran classe, da Andrea Nuzzo all'organo Hammond, Alfredo Romeo alla batteria e Light Palone al contrabbasso: si colgono i semi di un jazz suonato in modo moderno e razionale, sin dalla prima delle dodici tracce che compongono questo album da ascoltare con grande interesse.

''Adriano'', dedica ad un amico recentemente scomparso, è un intreccio di chitarra, organo e batteria che ruotano attorno ad un unico tema, con ingresso arioso e crescendo sempre sorretto magistralmente da un organo che vibra e dialoga anche con il contrabbasso (ottenuto in realtà con l'organo Hammond) nella parte centrale del brano.

''Confessin' (that I love you)'' si addentra nella ritmica contemporanea, dai toni delicati e dall'insieme nel contempo soffuso ed intrigante. Organo e contrabbasso-Hammond paiono chiamarsi a vicenda, e su questa reciproca comunicazione musicale si sorregge l'intero pezzo, un insieme di somma gradevolezza.

''The Preacher'' è una incursione molto indovinata tra due brani degli anni Sessanta, Hammond dominante con la chitarra a fare da preludio e una batteria di schema classico tanto caro a Filippo Delogu. Si avverte una palpabile emozionabilità che stacca solo per un attimo per sconfinare nello swing di ''In Cerca di Te'', riadattamento del famoso brano cantato da Natalino Otto. Avvio brillante leggermente arpeggiato, quindi il quartetto strumentale che si muove in una dimensione veramente coinvolgente, con il tema sopratonico espresso dall'organo che si discosta di pochissimo da quello classicheggiante. Molto caratteristica la seconda parte del brano abbellita da pennellate stile Bossa nova.

Suggestioni prog rock in ''Water'', in cui si omaggiano le ritmiche africane con influenze americane: un contrabbasso-Hammond quasi sarcastico, con una magnifica seconda parte. La ballad ''E se domani'', che omaggia uno dei più grandi brani di Mina, come in precedenza era stato omaggiato Natalino Otto, stacca su una successiva parte di album che viaggia nelle atmosfere comprese tra il 1925 ed il 1950, iniziando da ''Vignette'', brano poco frequentato del repertorio orleanista di Coleman Hawkins con tempo e sonorità contemporanea e citazione a due voci. Uno sguardo fresco, organo e batteria che duettano su un solo tema centrale sviluppato in maniera soffice.

In ''Remember'' vi è un geniale riarrangiamento, che ha preso d'acchito lo standard di Irving Berlin del 1925, quindi ancora spazio al contrabbasso-Hammond, veramente grande in ''I'm beginning to see the Light'' e nella successiva ''On the Sunny Side of the Sheet'', intensa e rilassante.

È quasi pleonastico ripetere come il disco colpisca per la sua raffinatezza estrema, per il desiderio di libertà emotiva e per la partecipazione accorata di tutti gli strumenti presenti. Da non perdere. (Leo Cotugno)