recensioni dischi
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OFFICINA F.LLI SERAVALLE  "Ledrôs"
   (2022 )

L’elettronica dell’Officina F.lli Seravalle, pur essendo tra le cose più interessanti di musica “altra” in circolazione, ha dei riferimenti artistici e stilistici che ne caratterizzano l’estetica.

Sto ascoltando la loro ultima fatica (che lo è per modo di dire, viste la ricchezza di idee e l’entusiasmo che si avverte), ‘Ledrôs’, pubblicata da poco sempre grazie alla Lizard Records di Loris Furlan via ZEIT Interference, che ne è l’espressione avantguarde.

È per me assai strano constatare come queste musiche abbiano catturato l’attenzione del pubblico prog, ma forse non tanto, se penso a quanto ho esternato sopra. Sono musiche caratterizzate da sonorità modulate ma radicate profondamente nel jazz rock (quello degli Area per intenderci), nell’esperienza di Maestri come Stockhausen, Berio, o nelle provocazioni di John Cage...

Ma si possono ugualmente trovare appigli spaziali in galassie più abbordabili, come quelle che hanno fortemente caratterizzato la musica europea degli anni ’70, grazie a band tedesche come Tangerine Dream, Amon Düül o C/Kluster. Inoltre, ho percepito in ‘Ledrôs’ schegge di natura frippertronica (‘Elogio Di Oblomov’ o in ‘L’antiprometeo’), probabilmente conficcate nel background dei due fratelli friulani.

Da questo punto di vista, è importante osservare come alle origini di queste musiche, ci siano anche riferimenti letterari e filosofici di un certo spessore ed attualità, come Italo Calvino ed Emil Ciòran. Ma non sono citazioni per giustificare “semplici” assemblaggi, bensì il tentativo di elencare qualche elemento caratterizzante composizioni originali dove, però, non viene nascosto il tributo a chi ha esplorato o ha già tracciato piste in un passato più o meno remoto.

Non è comunque semplice per l’Officina, immagino, lavorare su composizioni come queste, perché il rischio di farsi male c’è sempre. È come per un alpinista, che davanti all’intenzione di scalare una montagna come il K2, seppur per una pista già tracciata, se non è preparato o ne sottovaluta le condizioni, può vedere la potenziale esperienza tramutarsi da impresa in tragedia.

Tuttavia, senza voler esser banali, l’ascolto di un disco come questo è sempre un’esperienza particolare, perché si ha a che fare con due artisti con gli occhi ben aperti sulla realtà e consapevoli delle possibilità che l’arte ha nell’ossigenare le menti. L’approccio con i brani non deve essere pregiudiziale, anche se in queste composizioni la melodia è solo sfiorata e la sperimentazione sonica è più marcata.

Per esempio in ‘Di Refosco E Di Ghigno’, di ordinato c’è solo il ritmo; la libertà dell’utilizzo strumentale è alla sua massima espressione ed i suoni al limite dell’udibile, in un momento dove le convenzioni sono quasi inesistenti. Un traguardo artistico raggiunto dopo l’approccio con gli universi esplorati e messi in musica dal compositore austriaco Anton Webern agli inizi del ‘900. Un po’ come scrivere un testo in forma corretta ma senza un senso compiuto. Oppure ancora in ‘Sublime Futilità’, dove personalmente percepisco esperienze d’ascolto di Miles Davis del periodo elettrico. Veramente Notevole. (Mauro Furlan)