PUPI DI SURFARO "Animal farm"
(2022 )
Concept album di impatto vigoroso, questo ''Animal Farm'' che i Pupi di Surfaro, una delle più interessanti nu combat band italiane, pubblicano a cinque anni di distanza dal fortunato ''Nemo Profeta''. La formazione nissena esplora ogni forma di deviazione sociale legata alla sottomissione dovuta alla preponderanza della sfera del potere, e lo fa ispirandosi alla letteratura di Pier Paolo Pasolini nonché alla figura per eccellenza di George Orwell: il maiale della Farm, appunto.
Abituato al fango, alla lordura, il maiale non è altro che una figura geneticamente vicinissima a noi, per modi di intendere e di volere: da qui si è generato questo album intriso di ribellione in cui cogliamo il fermo no alla accettazione di condizione di bestia sottomessa alla sfera del potere. I Pupi di Surfaro si ispirano ai più puri principi di uguaglianza e solidarietà ed il loro è il mondo in cui le variabili non sono quelle della smodata ricchezza ma della pace, del concepire e del dire "si è passato ogni limite". La certezza è una sola, schiacciare il sistema capitalistico in classica concezione filo marxista, perché quasi per intero il disco, con interiezioni derivate dal più profondo riesumare le radici del dialetto siciliano, è dominato da questo imperativo categorico.
Ma c'è anche un mondo onirico vicino alla lotta, un maiale sa anche amare, ma di un amore distopico, impossibile nella realtà. Ecco la ballad "Amami in sogno", brano che ha preceduto l'uscita dell'album, in cui l'animale vorace ha conosciuto per la prima volta il sentimento verso una donna bellissima alla quale teme di fare male e gettare via ogni illusione. Nel volto di questa donna la bestia si è redenta, alla meccanicità dell'amore di routine, dove prevale solo la soddisfazione dell'istinto, ecco il sogno, delicato come un petalo di rosa, ma anche amaro come un calice di fiele: amami per come sei tu, e non come un sogno, non come la verità ma come in un sogno.
Il disco è inaugurato dalla splendida cover di ''Povera Patria'', uno dei più significativi brani composti da Franco Battiato, un sentito omaggio al grande maestro ma anche la bandiera del risentito astio verso ogni abuso e sopruso, sia esso politico, ideologico, sociale. Una chitarra soffusa e nel classico stile tanto caro al compositore di Milo, l'ironico vibrar di strali sulla ''gente infame, che non sa più cosa è il pudore''. Questa è del resto la visione della società attuale, un homo homini lupus - restando in tema di animali - hobbesiano, corro non per fottere ma per evitare che qualcuno mi fotta. E devo farlo subito!
Ma è vero che non cambierà mai nulla? A sentire ''Totalitarism'', seconda delle nove tracce di ''Animal Farm'', parrebbe di sì. Qui si riscoprono le antiche tradizioni del canto ritmico pregnante di genuino indie, che canta di, come recita questo incalzante motivo, "un sole oscurato governato da una sola testa che governa la mente". La dittatura è quella di un uomo che ha scatenato sul mondo gli orrori della guerra, il più grave peccato al desiderio di libertà. Il ritmo è ipnotico, volutamente caotico e con influsso molto vicino al prog rock nella sua seconda parte, già preludio alla successiva "Parru cu tia". Qui il timbro dialettale è decisamente più gustoso, il sipario su cui si recita ha un nome solo, Indifferenza. Cuori neri nei rapporti di lavoro riconducibili a un iconico "produci, consuma e crepa" che quanti moti di scaglio abbia partorito non si contano più. C'è il dolore ma al suo fianco la rinnovata speranza, e che l'eguaglianza che fa tutti simili nello sfruttamento e nella schiavitù sia un giorno anche l'uguaglianza nella soddisfazione. La camicia insozzata di sudore diviene pezzo di bandiera, rossa come la tonaca di Cristo. Grido di battaglia.
Dall'altra parte del tavolo gode tronfio il padrone di ''Hobesus'', il brano più ironico del disco: un ritratto caricaturale del padrone primo della classe, tetragono alle emozioni, fiero della sua gozzoviglia. Insomma, maiale. Il vero maiale ritratto da Orwell e ripreso da Pasolini (di cui si celebra il centenario della nascita) dipinto a tono elettronico e sfumature alternative rock che sfociano anche in un grintoso punk che accompagna sino al termine. Infine non si può non tornare a trattare il più crudo tema della guerra, che caratterizza ''Cara Libertà'': questo motivo è ispirato al famoso discorso sulla Costituzione pronunciato da Piero Calamandrei nel 1955 e dedicato alle vittime di ogni conflitto, alla sua follia ed al bisogno universale di amore e di pace.
Alla fine del percorso il Maiale, cantato da ''Quannu Lu Porcu'', è giunto al termine del suo viaggio a tappe e può tornare alla sua condizione di totale immersione in perfetta armonia con la natura, lontana dalla tecnologia arma a doppio taglio. Album sanguigno, incisivo, vivissimo. Che va diritto al cuore. (Leo Cotugno)