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OLDEN  "Questi anni - Dieci brani inediti di Gianni Siviero"
   (2022 )

Quando un cantautore decide di dedicare un suo intero spazio creativo alla reinterpretazione di musica altrui, a parte l'umiltà dimostrata, dev'esserci anche un legame fortissimo che egli percepisce, con chi sta richiamando. Avendo seguito il suo percorso, a partire dal suo terzo lavoro “Ci hanno fregato tutto” del 2017, fino a “Cuore nero” del 2021, Olden sembra proprio adatto ad incarnare lo spirito delle canzoni di Gianni Siviero.

Gianni Siviero è l'emblematico cantautore-impegnato-che-non-scende-a-compromessi. Infatti, se non ve lo ricordate, è perché il sistema commerciale tende a lasciare in ombra questo tipo di musicisti – ma anche per volontà sua, poi ci arriviamo. Cresciuto musicalmente negli anni '60, e arrivato a pubblicare alcuni dischi negli anni '70, vincendo anche due Premi della Critica, amico di Amilcare Rambaldi che lo fa esibire due volte al Festival della Canzone d'Autore (Premio Tenco), Siviero si può accostare a quella che i giornalisti chiamavano “linea rossa”. La linea di musica militante, contrapposta alla “linea verde” dei cantautori sì ecologisti e pacifisti, ma non politicamente schierati. Siviero invece è stato attivo anche nel PCI e nel sociale. Ecco perché, arrivati gli anni '80 e il famigerato riflusso, Gianni ha preferito uscire dalle scene, piuttosto che mettersi “in crinoline come brutte ballerine”, pur di restare sulla cresta dell'onda.

Però continua a scrivere canzoni, non pubblicandole. Olden, che ha in comune con Siviero la stessa vena polemica e riflessiva, pubblica per la Squilibri l'album “Questi anni – Dieci brani inediti di Gianni Siviero”, nei quali è presente lo stesso autore, che si alterna con lui alla prima voce. Olden riveste le canzoni di rock, a volte psichedelico e beat (come in “Mille e non più mille” e “Sera di luglio”), e sono presenti anche diversi ospiti: alla voce Rusò Sala, Sighanda, Claudia Cabruzza e Wayne Scott.

La canzone scelta per aprire il disco è inequivocabile: “Non vogliamo capire”. L'invettiva a noi benestanti, che “dentro un frigo troviamo da mangiare”, che “che mangiamo ciliegie anche a Natale, noi che scegliamo frizzante o naturale”. Il ritornello ripete sempre che “noi non vogliamo capire”, ma nel finale la frase si completa: “Noi non vogliamo capire che tutto questo sta per finire”. Ora, non sappiamo se l'intenzione della frase sia maligna (“Sta per finire... perché lo faremo finire noi! Buahahahah!”) o se è un dato di fatto, una previsione della crisi del capitalismo. Ma ai giorni nostri, la seconda ipotesi è più che evidente.

Seguono nelle canzoni, dei versi combattivi, come in “Questi anni”: “Nel rumore non servono parole, servono urli, e spinte birra in pugno, serve ciò che si afferra in quel momento”, ricordando le esperienze di protesta giovanile, che rendono uomini i ragazzi che le hanno vissute. Ma c'è anche poi l'amara consapevolezza dell'inutilità in “Italiani veri”: “Dire che il Medioriente siamo noi europei, a causa di una guerra che non prevede un poi, non ferma i carri armati, non resuscita i morti, non richiede coraggio, non ripara i torti. E se in questo Paese che tutti hanno cantato, è cosa un po' normale il morire ammazzato, ci si vergogna almeno di dire che è un Paese fatto di gente onesta, simpatica e cortese?”. Nel brano c'è anche un riferimento implicito a Pinelli, di cui non abbiamo raccolto le idee (“le abbiamo dimenticate”), e di seguito quindi l'invettiva contro il suddetto riflusso, il disimpegno: “L'Italia che lavora, o che si fa una pera, scopre di avere la febbre solo il sabato sera”.

Non mancano momenti più dolci, come “Piccoli regali”, con la volontà di non lasciare indietro nessuno: “Ho regalato biciclette, perché nessuno dovesse rinunciare al diritto a viaggiare con le tasche vuote”. O la dedica personale “Dimmi Giorgio”: “Mio caro Giorgio dimmi come va, racconta un poco come si sta di là, se è proprio vero che si passa il giorno sopra una nuvola a guardarsi attorno”. Però il disco viene chiuso da un'ultima stoccata: “Che bella luna”. Qui trova spazio una critica al mondo dello spettacolo che “ha tanta fame, da divorare tutto e digerire, il vero, il falso, e trasformarlo in lire, in indici d'ascolto ed in liquame”. Così, non siamo più in grado di distinguere il vero dal finto, e anche osservando la luna, viene il dubbio che non sia reale.

Grazie Olden per questo “piccolo regalo” agli ascoltatori, dando il tuo spazio a un autore che può in effetti essere come un padre artistico. (Gilberto Ongaro)