recensioni dischi
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LHASA SOCIETY  "Obe"
   (2022 )

Lhasa Society è il nome di una band torinese giunta da pochissimo al debutto discografico, in seguito a una lunga fase di ricerca in campo rock, soul, funk sia in sala prove che sui palchi. Nulla di tutto ciò, però, emerge in “Obe”, che invece gioca con una mistura liquida e originale di post rock, shoegaze, ambient e downtempo.

Il cambio di rotta è anche figlio dell’incontro con Igor in studio, ora in pianta stabile in una formazione che include anche Victor Bomì e Debbands. “Obe” è l’acronimo di “Out-of-Body Experience” e il disco finisce per essere una sorta di concept ispirato all’idea della metempsicosi, del viaggio oltre il corpo: non a caso, sin dalle prime battute, si comprende come le progressioni esclusivamente strumentali di cui si compone “Obe” vogliano disegnare una sorta di trip che accoglie anche influenze space rock e deliziose sfumature lisergiche.

Non c’è nulla di prevedibile nei percorsi tracciati dagli otto brani, tutti rigorosamente registrati in presa diretta: “432” introduce, pur con cambi di ritmo difficilmente leggibili, “Diapente” è già magnetica nel suo climax, mentre “Nyishar” esplora territori più oscuri, conservando tensione pur a velocità di crociera più blande.

A cavallo fra “Nyinub” e “Hovering”, invece, convergono influenze dagli artisti elettronici più influenti degli ultimi tre decenni, mentre “Changa” è un’altra cavalcata ipnotica tra space, atmosfere epiche e intrecci costruiti con grande cura e qualità, intatta pure nei due episodi conclusivi: “Paralyze”, con le percussioni a suggerire un’atmosfera da rituale antico e l’ultima tappa, “Astral”, una sorta di summa del pensiero e manifesto artistico dei Lhasa Society.

Con un netto cambio di registro rispetto al passato, i Lhasa Society compiono un salto di qualità impressionante e confezionano una vera e propria chicca, sia in termini di idee che di composizione: “Obe” è uno dei dischi italiani più ispirati di questa prima metà di 2022. (Piergiuseppe Lippolis)