recensioni dischi
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ELISABETH GEEL  "So cool"
   (2006 )

Questo disco è delizioso. Impastato da una grazia ed un portamento davvero fuori dal comune. Elisabeth ha il dono di cullare l'ascoltatore con delicatezza e fermezza al tempo stesso, come solo le grandi vocalist sanno fare. Non stiamo del resto parlando di una ragazzina, questa cantautrice olandese ha mestiere da vendere: ma, per avere una reale opportunità discografica, è dovuta venire in Italia. Dall'88 è attiva come cantante a tempo pieno, partecipando a diverse produzioni discografiche, sia come autrice che come vocalist. Ha studiato chitarra classica e tecnica vocale presso diversi istituti privati ad Amsterdam, dopo di che ha soggiornato per alcuni anni negli Stati Uniti, cantando nei locali dell'Alaska, California ed Arizona, e perfezionandosi contestualmente come pittrice/illustratrice studiando con artisti locali. Questo periodo ha un forte impatto sulla sua attività di autrice. Ritorna in Europa e svolge l'attività di pittrice e illustratrice contemporaneamente a quella di cantante, in Olanda, Austria, Germania, Svizzera, Danimarca, Belgio, Italia, e addirittura Dubai e Singapore. E' influenzata dalla musica brasiliana ma soprattutto dalla tradizione dei cantautori americani come Joni Mitchell, James Taylor, Donald Fagen e Laura Nyro. Dal 2003 si è stabilita nuovamente in Italia, dove svolge l'attività concertistica proponendo le proprie composizioni e rivisitazioni di brani tratti dal repertorio classico jazzistico in diverse formazioni. Recentemente ha partecipato a UBI Jazz, Marca Jazz, Terramossa, Friuli Venezia Giulia Jazz e Marostica in Jazz; insieme al chitarrista Lino Brotto ha partecipato al Dutch Jazz Competition, patrocinato dal North Sea Jazz Festival in Olanda. Ora l'Italia è la sua patria: insegna canto moderno e songwriting in privato e presso l'istituto musicale Thelonious (Vicenza e Bassano), l'Icimus (Schio) e Musiculture (Marostica). Il cd mette spalla a spalla composizioni della Geel ('Simply divine' e la title track su tutte) e standards di spessore ('Summertime' di Gershwin, 'The boy from Ipanema' di Jobim), e la bella notizia è che non ci sono differenze. Le nuove composizioni, appaiate a cover di questa portata, non sfigurano minimamente. Chi ci abbia guadagnato, se l'Italia ad accoglierla o l'Olanda (o gli Stati Uniti, o mezzo mondo) a lasciarsela scappare, questo decidetelo voi. Io, dopo l'ascolto di questo disco, non ho dubbi. Benvenuta, Elisabeth. E non te ne andare più. Mai più. (Andrea Rossi)