BODAH "Nessun incubo per il sole"
(2022 )
Esordio coi fiocchi, quello di Bodah. “Nessun incubo per il sole”, uscito per la Trulletto Records, è un disco fatto di roccia e sabbia. Siamo sulle lande desertiche dello stoner, condito da blues e tanto sapore lisergico. Sono “solo” sei brani, per una mezz'ora tra cactus, visioni oniriche, riti sabbatici e un vecchio suono che si rifà vivo: quello dell'organo hammond.
L'ottima produzione valorizza bene tutto, un tutto che richiama il western in più momenti. Dal fischio che ammicca a Morricone all'inizio di “Nel giorno del Sabba”, al breve strumentale “Pazuzu”, il cui giro di chitarra sembra dare forma musicale a un immaginario personaggio tarantiniano. Già dai primi istanti del primo brano, “Gennaio”, si sente chiara la matrice psichedelica, con il basso marcato in stile “Echoes” dei Pink Floyd, e la chitarra che wahweggia, con un suono dal timbro assottigliato. Una pausa dal ritmo lascia spazio all'hammond e a una campana funebre, per poi riprendere con un unisono chitarra – basso davvero marziale ed energico.
C'è una predilezione per i ritmi shuffle e/o terzinati. In “Alligatore d'agosto” compaiono le prime parole cantate, che mostrano segni di allucinazione: “Ma cosa dire del tuo pavimento, sai, è da un po' di tempo che mi ci perdo dentro, al posto del cuore ho un meeting di esplosioni”. C'è una presenza demoniaca, evocata in più canzoni: “Sì, mostro, stringimi forte, guarda il tornado di fronte”. In “Nel giorno del Sabba” compare uno spettro: “Io l'ho visto, è sparito su nel cielo insieme a te, è il tuo fantasma”. C'è pure un messaggio finale in reverse. Io per curiosità l'ho girato, ma non ve lo dico.
Ma se volete lo stoner duro e crudo, allora eccovi “Filastrocca per una strega”. Ed anche qui le visioni non si risparmiano: “Il cuore nudo sul marmo, mercurio sanguinerà, l'inchiostro nero in un palmo, nel vuoto si perderà”. Il sound ricorda i TreRemoto, una band padovana che non c'è più, ma che aveva questa pacca. Meno male che qualcuno lo riporta in auge!
Il fantasma ritorna nel brano finale, il trip di dieci minuti che è la titletrack “Nessun incubo per il sole”. Resta bloccato su un pedale armonico (un solo accordo), che è il classico trucco per ipnotizzarsi. All'inizio e alla fine del viaggio strumentale, ci accompagnano parole non rassicuranti: “Spero abbia un senso il post-it in bagno. Guardi le scarpe, fantasma respira, sai che il serpente che morde il vertice (…) Nel buio intenso pensi mi perderò, non ha alcun senso, se tutto ha un verso, c'è un rituale che il sole non vedrà. Sogno infernale, lasciarsi andare”.
Lasciamo intatti i misteri delle visioni, e godiamo di questo suono ruvido che non stanca mai! (Gilberto Ongaro)