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LEO KUPPER  "Complete electronic & voices works 1961-1987"
   (2022 )

Potrei annoiarti coi tecnicismi. Potrei sorprenderti con effetti speciali e termini aulici. Potrei spiegarti che Léo Küpper è uno dei pionieri dell'elettronica belga, classe '35, che ha un'apparecchiatura mostruosa, più estesa del Moog. Ma io, che ho la pianola giocattolo sulla mensola, e faccio basi con FL Studio, cosa potrei dirti con cognizione di causa?

A proposito di giocare: GAME è una sigla che sta per Générateur Automatique de Musique Electronique. Questo gigantesco generatore, costruito da Küpper, è una collezione di cellule soniche modulabili... e insomma sto già sprofondando nel tecnico, e per di più su cose che non conosco, se non di lato. Tu immaginati quest'uomo che si diverte a girar manopole, e ad ascoltare quello che succede. Perché questo è il cosiddetto approccio “sperimentale”. GAME, nomen omen.

Uscita per Sub Rosa Records, la raccolta “Complete electronic & voices works 1961-1987”, è una selezione da oltre quaranta lavori realizzati da Léo Küpper, con quest'aggeggio spettacolare. La raccolta è composta da ben 3 CD, che contengono in totale “appena” 11 tracce. Perché, a parte “Electro-poême”, tutte le esperienze sonore durano dai 13 ai 26 minuti. E puoi apprezzare la vasta gamma timbrica di suoni e rumori, alternati a tracce in cui l'elaborazione colpisce la voce, utilizzata con tutte le smorfie gutturali possibili.

Sai quei versi che fai da infante, provando con le labbra e la lingua? Ecco, questo repertorio di versi è concentrato nell'appena citata “Electro-poême”, o in “Kouros et Koré”, destinate solo a chi riesce a sopportare il biascicamento costante e moltiplicato. Discorso diverso per “Amkéa”: due cantanti, dopo dei parlati rapidi con sillabazioni incomprensibili (ma per fortuna senza biascicamenti), iniziano a intonare lamenti, che incorrono spesso e volentieri in dissonanze. In “Litanea”, lo sfondo di sostegno è costituito da loop di voci gregoriane, accelerate, che perdono la loro intelligibilità, ma mantengono la connotazione di mistica. Sopra a questi, squillano campanelle zen. Il lavoro sotterraneo sulle voci è davvero notevole, qualcosa di complesso e mutevole, nei 22 minuti. Da goderselo tutto.

Anche in altri brani, la voce è compartecipe agli esperimenti fatti sui suoni generati automaticamente, in “Innominé (3 parts), “L'inclume des forces”, “Le rêvere au sourire passager”. Quest'ultima è particolarmente coinvolgente, tra voci rotte, elaborate, una sottovoce che sembra darti messaggi in codice tramite walkie-talkie. “Lumière sans ombre” crea una situazione gotica, con un basso lirico immerso in un'ambientazione cupa, disturbata da una tetra campana sintetica – che però, dopo qualche minuto la riconosco: Enya deve averla presa in prestito poi, per un suo brano new age. Comunque, mette soggezione. Invece “Inflexions vocales” concilia il sonno, è notturna, ottima per rilassarsi: crea un ambiente morbido e confortevole, con tanto di grilli e altri insetti simpatici notturni, seppure tutti evidentemente elettronici. La simulazione è molto credibile.

Per il resto, “Automatismes sonores”, “Aérosons”, non so davvero che dirti: queste musiche fanno piiiiiiiiiiiii sbasch fffffssssss uiuiuiui crcrcrcrcrcr woooooshh. Sì, lo so, sintetizzare un'intera carriera con swuuu tatatatata buoaeuoae glglglglgl ttrrrrrrr forse non è molto elegante, ma tant'è: è un GAME! (Gilberto Ongaro)