recensioni dischi
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DANIELE SANFILIPPO  "Hamal"
   (2022 )

Questo disco è completamente privo di confini. Non si dà limiti, non si preclude possibilità.

Nel frattempo, si lascia scorrere placido. Riflessivo e introverso, evocativo e triste, non cupo.

Compone cotanto prodigio di meditativa contrizione Daniele Sanfilippo, musicista e autore originario di Cosenza, al terzo album dal 2014.

“Hamal” non è pre né post, avant o retrò: fluisce in una bolla leggera a metà strada tra tutto e niente, lieve come un soffio, morbido come ovatta. Suadente, tenue, carezzevole, ondeggia cesellando melodie ampie che sparge tutt’attorno come petali di fiori spinti dal vento. Reca in sé una grazia antica, lavorando sui dettagli e sulle atmosfere, che predilige e privilegia rispetto alle dinamiche, di rado protagoniste.

Vocalizzi new age (ad opera di Biagio Accardi) e ricami del pianoforte che rimandano a timide suggestioni neoclassiche appena bilanciate da piccole incursioni della chitarra introducono l’opener “Drops” sulle ali della medesima melanconia che mezzora più tardi suggellerà nei due minuti di “One year” un lavoro intriso di una bellezza timida, sottile, fragile.

Quasi interamente strumentale, si affida al canto di Michelangelo Alviano soltanto nel country leggero sui generis di “No more”, cedendo altrove il proscenio a brani imperniati su una scrittura elegantemente emozionale e su arrangiamenti tanto misurati quanto essenziali; se la title-track ha il passo pigro e gli intrecci sfuggenti dei Ronin, “Move forward” si avvicina alla sofferta mestizia dei Giardini di Mirò, come pure l’afflitta aria in minore di una superba “Ayla”, resa memorabile dal toccante violoncello di Deborah Perri a contrappuntare l’esile arpeggio che sorregge il brano.

Sono ancora le tessiture della chitarra acustica a guidare “Faith Yuna” lungo i binari di uno spleen a tratti dilagante, lo stesso che pervade l’elettronica gentile di “Rainy season” o i sei minuti di “Dark and light”, di nuovo preda degli arabeschi del violoncello, ma per una volta aggrappata agli accenti più decisi della sezione ritmica.

Musica raffinata e conciliante, mirabilmente efficace nel dipingere stati d’animo col solo ausilio di una rara sensibilità e di una poetica ossimorica: è muta, ma eloquente; eterea, ma viva e pulsante; pronta a dissolversi, ma lasciando il segno. (Manuel Maverna)