VINCENZO DONNAMARIA "Tu chiamale se vuoi citazioni"
(2022 )
Un avvocato che è anche un po' medico e un po' (tanto) ingegnere, con una passione nascosta - alla meglio, sino all'età di dodici anni - per la musica. Ecco in sintesi Vincenzo Donnamaria, che in questo suo secondo album, "Tu chiamale se vuoi citazioni", non esitiamo a dire: ha superato sé stesso.
Dopo il successo del suo disco di esordio, ''There's a man'', datato 2013, ed il successivo del 2018, presenta ora una produzione che contiene tanta devozione per il grande cantautorato italiano, da Fabrizio De André a Lucio Dalla e Francesco Guccini; si compone di un puro alternative rock in cui si susseguono ballate suggestive, ironici testi e una ricerca profonda e continua.
Sono dodici le tracce inedite dell'album, cui si aggiungono altri due brani, classici del repertorio di Donnamaria: ''Il Mandrillo'' - con il contributo dell'estroso chitarrista Phil Palmer - e la introspettiva ''Credevo fosse neve'', che richiamano fatti di cronaca reali. Nel testo de "Il mandrillo", che a breve distanza richiama la deandreana "Il Gorilla", traspare un crudo realismo mascherato da ballad: il tema che riemerge, attuale in tutta la sua drammaticità, è quello della violenza al femminile. L'atmosfera quasi bucolica dell'incipit è un sipario, non so se avete letto la notizia, apparsa sulla cronaca di Roma, della mandrilla femmina ammazzata a morsi dal mandrillo inferocito. Uomo allo specchio e senza mezzi termini, in lui la idea di donna è solo primitiva, vergine o puttana. E prevale soltanto l'istinto istintivo. Il fatto che di fatto cancella il debole calpestio dei sentimenti.
A questo brano, che è il sostegno di tutta la prima parte del lavoro, si accompagna "Un avvocato, un medico e un ingegnere", ritratto uno e trino dell'autore che rimembra i tempi dell'ateneo, fatti di goliardate, bevute ed incontri tutte le sere: commentando anacronisticamente davanti al telegiornale l'eterna lotta tra il bene e il male. Un brano che possiamo definire gioviale, con ottimo tappeto chitarristico e tipicamente gucciniano, segnali di profondità sullo sfondo dell'economia studiata all'università.
Il sax introduce lo swing di "Giornata tipo": quasi una filastrocca per augurarci buona giornata, il tempo di ingoiare un cappuccino e capire che davanti c'è casino. Ma, seppure col fiato corto, prendo la rincorsa e salto, perché non posso fare altro. Evasione? Forse, ma non probabilmente.
Torna la chitarra che segue la bellissima intro pianistica di "Domani forse valuterò". Non si cercano scuse che in fondo nessuno dà, e pure se l'umore non è ottimo un paio di motivi ce li ho. Avvio alternative e crescendo che sfocia nel rock puro, dove un algoritmo giusto non c'è. Ma solo un desiderio recondito, fuggire per non dare più fastidio.
Un'altra ballad soft rock da ascoltare, riascoltare ancora e ancora è "Ti ricordi Michelle", reminiscenze beatlesiane sulla corda di ''Hey Jude'', mentre nella seconda introspective song "Respirero''', Vincenzo Donnamaria entra nel pianeta del reggae, ''chiudendo gli occhise penso a cosa farai, lasciarti andare se vuoi, ma quelli non siamo noi".
La poliedricità dell'artista si compone di delicati arpeggi di archi in "Credevo fosse neve", storia di una bugia che ha chiuso per sempre un amore: ''Ma quello che ho fatto, lo rifarei''. La chiusura riecheggia ''La Donna Cannone'' di Francesco De Gregori e svela una seconda parte di album sapientemente ironica in ''+melo-'' e ''La rumba del Rombo''.
Un album che affascina e conquista al primo ascolto, e dunque da ascoltare con piacere tante e tante volte al giorno, ottima panacea fatta di musica ad alto livello. Nell'album, oltre a Phil Palmer, ricordiamo la presenza di Alessandro Valle, Alessandro Tomei, Mario Caporilli, Fabrizio Guarino, Guerinio Rombolone ed Irene Cedroni. (Leo Cotugno)