DEI PERFETTI SCONOSCIUTI "Fuori"
(2022 )
Alla soglia del loro decimo anno di attività, il combo toscano Dei Perfetti Sconosciuti si (e ci) regala 11 inediti col secondo nuovo album “Fuori”; un titolo che tende a sottolineare quanto sia importante guardare ed osservare le cose più verso l’esterno, e non solo credere soltanto al traffico interiore che scorre in noi, facendoci, spesso, sbandare con bieca convinzione di quello che sappiamo.
Quindi, un titolo davvero molto azzeccato ma che non si limita, ovviamente, alla sfera monotematica, benché l’amore ricorra più volte come argomento trattato, non con la solita manfrina romantica e stucchevole ma con adulta presa di coscienza.
Il leader–guitarist Paolo Ronda propone un’espressione determinata e profonda sulla vita, sugli addii da metabolizzare, sulle illusorie ferite che si rimarginano col tempo, ma anche sulla forza di ricordi spensierati di amici e vissuti che fecero (e fanno ancora) bene al brivido cardiaco.
Attaccano la spina con la ruvida dolcezza di “Apri gli occhi”, con l’invito a somatizzare presto un sentimento naufragato, mentre “L’essenza del difetto” ci catapulta nel magico sound degli anni ’90, tra echi chitarristici filo-U2 e fitta dinamicità ispirata dai Subsonica. Ma questo, certamente, non è un “difetto” ma un confetto gustoso da assaporare con un pizzico d’amarcord.
Si arriva ad una delle gemme dell’opera: “Cinico”, sfoderata con grinta persuasiva e micidiale, sull’onda dei Foo Fighters meno dirompenti ed ornata da un impasto formidabile di chitarroni e falsetti. Con l’invadenza orecchiabile della seguente “Restando a galla”, lancio la raccolta-firme per battezzarlo come prossimo singolo, visto che un indie-rock con queste fattezze sarebbe immorale non tenerne conto per la compattezza d’insieme che dona ritmìa estrosa.
Invece, è “L’amore morde” scelto come apripista: un po’ onirica, un po’ claustrofobica, con mood sospensivo che centra il bersaglio dell’efficacia, però… ”Restando a galla”… va beh, passiamo oltre. Con l’avvento della pacca gommosa di “Paradiso instabile”, prendiamo coscienza di quanto esteso sia il giardino creativo dei D.P.F., vessando con fittume di synth che ricrea, pertinentemente, l’aere incerto del nostro vivere.
Dopo la titletrack, descritta in premessa, l’evasione dei ricordi prende la mano in “Una canzone”, per non farci obliare le nostre origini, rispolverare le nostre istantanee di vita con un equilibrato tocco nostalgico e, finché siamo qui col cuore che batte ancora, sarà meglio che tutte le emozioni provate vengano tutelate e valorizzate sempre!
E, giustamente, Paolo & soci la chiudono qui, elargendo la fascinosa acoustic-ballad di “Mi godo il brivido”: punto! Chiamati a dare un seguito all’omonimo debutto del 2017, il quartetto toscano tocca precoci vertici di maturità, difficilmente raggiungibili al secondo atto: e sapete perché ci sono riusciti? Perché le belle canzoni sopravvivono ai suoi autori. (Max Casali)