LUCA BORGIA "Avvolgistanti"
(2022 )
“Avvolgistanti”, uscito per Snowdonia Dischi, è un lavoro placido ed etereo, realizzato interamente con la chitarra. Luca Borgia la utilizza nel pieno delle potenzialità, giocando con gli armonici, con il pedale whammy (da non confondere col wah-wah), e creando delle atmosfere morbide e dilatate. Musica strumentale che fa meditare. Spesso, le progressioni armoniche sono difficili da afferrare, cioè, non si riesce a tenere a mente un “giro” di una canzone, perché le musiche non sono strutturate rigidamente con strofe e ritornelli; al posto di questo, ci sono costanti evoluzioni. Questa scelta rende i brani “narrativi”, pur parlando di narrazioni astratte quali sono quelle musicali.
L'approccio sperimentale si percepisce dai primi istanti che aprono la titletrack a inizio album. E si possono rintracciare esempi continui, all'interno dei curiosi titoli, come “Vino rubino” e “Argille azzurre”. Borgia si diverte, tra reverse, tremolii secchi come quello all'inizio della “Fiaba del Granchio e del suo Plenilunio”, brano che chiude l'album con degli arpeggiatori rapidi, applicati alle sei corde.
In brani come “Falò d'ali a Limonda”, e “Le tue sedie, i miei bicchieri”, la chitarra è immediatamente riconoscibile, nonostante quei lamenti da post rock che le accompagnano. “L'alba che cura” immerge la chitarra riverberata nel vociare di bambini e nel traffico cittadino. Altrove, i suoni invece sono difficilmente ascrivibili alla chitarra, eppure è così. Da qui la definizione di “ambient chitarristico”. Come l'incipit de “Il Diavolo ha una rosa tra i denti”, che sembra realizzato da un'arpa impazzita. Gli “archi orchestrali” di “Lungo il fiume”, sono in realtà suoni della chitarra, di cui viene tolto il battito, il colpo iniziale sulla corda.
Per i chitarristi, “Avvolgistanti” può essere motivo d'ispirazione. Per tutti gli altri, può rappresentare un momento di rilassamento, e di evocazione di paesaggi più o meno distanti, più o meno desertici ma rasserenanti. (Gilberto Ongaro)