MORTIIS/IL SEGNO DEL COMANDO/FREDDY DELIRIO &... "Split album"
(2022 )
Lo “Split” è un album che unisce più artisti; in questo caso, ci arrivano tre proposte, ognuna con le sue specificità, ma con un elemento in comune: l'oscurità. Siamo nel panorama dark rock, chi più elettronico, chi più progressive, sempre nel nome del buio.
Il primo artista che incontriamo è il norvegese Mortiis, che ci presenta quattro brani synth che spesso e volentieri portano sonorità anni '80. L'approccio vocale nel cantato ricorda certe situazioni teutoniche, di certa industrial mitteleuropea. Ci sono anche gli strings, cioè gli archi di tastiera, e funeste campane. Indubbia è l'intenzione cupa. Ci comunicano che sono “demo”, e infatti questo pesa sull'esperienza acustica. Certi suoni distorcono, ma non nel senso dell'effetto di distorsione: distorcono nel mix, come ci fosse ancora da lavorare a livello di post-produzione. Ma restando sul contenuto musicale di per sé, è chiara (anzi scura) la volontà espressiva.
I secondi artisti che incontriamo sono i genovesi Il Segno del Comando, che ci propongono due brani: “Divinatio Ambigua” e “Architettura dell'Apostolato Nero”. La prima è una strumentale introdotta da un organo a canne, e quando si avvia possiamo godere di un inciso gotico à la Goblin, davvero coinvolgente e orrorifico. Uno stacco di pianoforte e il ritorno delle campane di Mortiis sanciscono l'unità di intenti di questi artisti riuniti.
Il secondo brano è esplosivo: il riff melodico di chitarra e basso all'unisono è degno delle Orme, così come la struttura progressive. La voce ci racconta parole che possiamo far finta di non capire. Sì sì, sta parlando di qualcosa che non ci riguarda, sono solo fantasticherie esoteriche: “Il mutamento che lentamente sembrava passare di mente in mente. Il contagio non tardò ad assumer proporzioni degne di perplessità. Chi nel sonno sprofondò, un'insidia diventò (…) Nel susseguirsi di giorni bui, migliaia di vite vidi cadere, nel losco tramaglio di possessione (...) Pochi immuni all'empio sortilegio, menti in cui il risveglio aveva vinto già”. Però, questa visione del mondo sottile è turbata dalle parole del ritornello psicopatico: “Che pena nel vedere il pugnale mio nel tuo petto nell'istante in cui ti dissi addio, liberando la tua anima/arrestando la tua schiavitù”. Il resto lo fanno gli assoli di chitarra e le scelte di progressione armonica. Il brano più significativo.
La terza e ultima proposta è un brano di 9 minuti di Freddy Delirio and The Phantoms: chitarra metal e basso sintetico per “Platinum”. La voce, dal timbro minaccioso, ricorda quella di Alice Cooper in “Teenage Frankenstein”. Canta in inglese, ma sembra strizzare l'occhio complice al cantante del Segno del Comando: “In front of this mistake made by evil, (...) I'm going inside, I'm not afraid of anything, I cannot die, I'm a precious metal (…) I am taking actions to restore balance”, guardando all'equilibrio di madre natura, “while in the human dimension disorder reigns”. Uno denuncia, e l'altro agisce.
Insomma, un bel tuffo nell'oscurità, che serve a far veder meglio quegli essenziali bagliori di luce, che di giorno non si colgono. Forse c'è da lavorare sulla produzione, ma non certo sugli spiriti! (Gilberto Ongaro)