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ROBERT NORMANDEAU  "Mélancolie"
   (2022 )

La melancolia può avere diverse forme d'espressione, e non sempre si tratta di un'apatica successione di suoni melliflui, o una tela dai colori grigiastri, o un attore con le occhiaie e l'aria stanca di chi ha già visto tutto (sì insomma, Toni Servillo...). Al contrario, come la noia nell'infanzia, la malinconia può essere il punto di partenza per la creatività. E ce lo ricorda Robert Normandeau, compositore elettroacustico canadese, che concepisce “Mélancolie”, album uscito per Empreintes DIGITALes.

Si tratta di un viaggio sonoro, concepito originariamente per essere ascoltato con un set di altoparlanti che circondano chi ascolta. Lo stesso Normandeau definisce questa versione in studio, che per forza di cose è solo stereofonica, una sorta di cartolina dell'esperienza che vorrebbe farci vivere di presenza, con tutto l'ambaradan per immergerci nel suono.

Ma intanto ascoltiamo queste cinque lunghe tracce (la più breve dura 10 minuti, la più lunga 16 e mezzo) ad occhi chiusi. “Le ravissement” fa galleggiare in un cosmo violaceo, con suoni cangianti e ariosi. “Tunnel azur” invece fa correre stando fermi, come le parole panelliane di “Stanze come questa”, che accostano immagini di movimento accelerato come dai finestrini di un'auto, con pareti di una stanza dove invece si è fermi. In questo tunnel azzurro avvertiamo proprio il vuoto d'aria che si può percepire in una propulsione in galleria. Con tanto di colpo di paura intorno al terzo minuto.

Al centro dell'esperienza, il terzo brano prende il titolo “Melancholia”, che è... un'apatica successione di suoni melliflui. Almeno fino a 3 minuti e mezzo della traccia, quando la situazione si complica, con una perturbazione dall'Atlantico che scatenerà precipitazioni repentine, fino a giungere ad un'atmosfera tesa. Temperature in diminuzione, mare mosso...

Un suono tremolante ed avvolgente ci spinge dentro “L'engloutissement”. L'idea d'essere nell'oceano è confermata dall'arrivo di uccelli, forse gabbiani. Siamo soli sull'acqua e al freddo, in attesa che il vortice ci inghiotta. Sempre verso i 3 minuti e mezzo, un disturbo radiofonico interrompe il flusso, che poi riprende. Evidentemente, questa durata di 3 minuti e mezzo è un riferimento significativo per il compositore: il momento in cui il narratore, alzando le sopracciglia, dice: “Ma ad un tratto...”. Infatti i suoni, finora distesi e distanti, iniziano ad animarsi e ravvicinarsi. L'illusione della consistenza liquida si fa sempre più realistica. Da una condizione sospesa, ci addentriamo in una tempesta. Al quattordicesimo minuto, di nuovo i repentini disturbi radiofonici ci catapultano in un non luogo, dove c'è un solo penetrante rumore.

Dopo aria e acqua, l'ultima tappa è sulla terra, più precisamente sulle rotaie. “Raìl” ci allarma dell'arrivo imminente di un treno. Questa sarebbe davvero da ascoltare dal vivo, circondati dagli altoparlanti. Chissà che effetto fa! Se si tratta di field recording (non è specificato nel comunicato), il materiale registrato è comunque modificato, reiterato, elaborato. Questo treno ad un certo punto arriva, ma poi continua a lanciare l'allarme del suo imminente arrivo, e disorienta. Che succede, il treno torna indietro? Ne sta arrivando un altro? C'è un intenso traffico di treni?

Decidete voi. Chiudete gli occhi, e mettete su le cuffie. Ma se disponete di un home theatre col Dolby Surround 5.1 provatelo, oppure scroccatelo dall'amico ricco, e ascoltate le vostre sensazioni. (Gilberto Ongaro)