recensioni dischi
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MESAS  "Spasmi che sanno di me"
   (2006 )

Rock, rock, rock. Di più che piacevole fattura. "Noia", "Vorrei essere (in) lei", "Sterile", pezzi di vita polverosa gettati alle nostre orecchie. Una copertina sensuale, una musica ugualmente pregnante, strumentisti all'altezza, testi pariruolo rispetto alle note. Mesas, nient'altro. Provate poi a dire che in Italia non si fa vero rock. Se fossero nati in Nevada, forse i Mesas non avrebbero mai neanche preso in mano una chitarra. Si sarebbero limitati a guardare il cielo sul retro di uno strip-bar di una qualche statale in mezzo al deserto. La sorte ha voluto però che il loro libero spirito stoner dovesse confrontarsi con Milano che con le statali del Nevada ha in comune solo il bitume. Una città talmente stretta da costringerli, nel bene e soprattutto nel male, a suonare, come unico modo per ricreare quegli spazi, come unico modo per respirare. E se lo stoner rock a base di cactus e motel di tante band a stelle e strisce è bidimensionale come un cartellone pubblicitario o una rivista porno, quello dei Mesas scava rabbiosamente per trovare uno spiraglio di luce: perché Milano è profonda come un abisso, un abisso di noia e sdegno dove anche l'altro sesso diventa minaccia e ossessione. Ed è tutto questo - le loro certezze, le loro paure, le loro angosce, i loro desideri- che i Mesas, con riff polverosi e un cantato devastante, vogliono celebrare. E nonostante parlino di una società sterile, sono riusciti a partorire un album, 'Spasmi che sanno di me', che avrà lunga vita. (Andrea Rossi)