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NICE  "Un disco, una fiaba, una partita a scacchi, un libro illustrato, un’opera, un mondo…"
   (2022 )

Nice. Non si tratta della celebre band inglese che diede notorietà al giovane Keith Emerson, bensì di un italianissimo ed ambizioso progetto.

Tutto lo sforzo compositivo che caratterizza questo disco, poggia su una storia fantastica, che ricorda vagamente qualcosa presente in ‘Alice Nel Paese Delle Meraviglie’ e che vede protagonista un ragazzo, anche lui di nome Nice.

I brani sono quindi legati dal filo invisibile che unisce le vicende narrate dalla trama, e come nella grande maggioranza di opere analoghe a questa, l’interesse per la storia aumenta in proporzione alla percezione dei momenti salienti.

Diventa dunque interessante il risultato sonoro, che in questo album evoca quanto inventato dai Queen di Freddie Mercury, ma anche dai New Trolls: ovvero un coinvolgente mix a base rock, ma particolarmente incisivo quando il suono si fa heavy; inoltre cori ora a cappella ora potenti e vibranti, che hanno musicalmente distinto la Regina ed i Trolls fin dagli esordi.

Ma questi paragoni non vogliono assolutamente sminuire il gran lavoro del giovane compositore carpigiano Carlo Alberto Colombini, anzi. Immagino un lavoro mastodontico a monte, anche se il richiamo al rock di matrice inglese degli anni ’70 è evidente e tributato.

A tal proposito, sono dell’opinione che sia inopportuno pensare che un’opera di matrice rock debba contenere per forza alte percentuali di originalità, anche perché ci stiamo allontanando temporalmente sempre più da quel meraviglioso periodo, quando tutto o quasi in ambito rock doveva essere ancora scritto.

Quindi, man mano che il tempo passa, il pericolo di sbandare verso qualcosa di anacronistico è sempre più presente. È giusto tuttavia pensare ad un periodo felice e creativo per la musica moderna, fino a diventarne espressione artistica di un livello tale da lasciare un segno indelebile.

Non è un caso che oggi ci siano giovani musicisti che rimangono ancora affascinati da quei suoni, da quelle attitudini, tanto da raccontarli ed evocarli. È pertanto senz’altro questa la chiave di lettura per entrare in quest’opera che, eseguita dal vivo, mi aspetto ne guadagni in fascino, trasportando l’ascoltatore effettivamente in un viaggio nel fantastico, avvolgendolo con queste musiche esattamente come nel dichiarato intento del suo autore.

Personalmente non ho apprezzato fino in fondo l’uso frequente del cantato in falsetto, pur consapevole che nella storia è un ragazzino che si esprime. Ma forse è un problema mio. Molto bravi i musicisti, che hanno affrontato un compito non facile senza l’usilio di... sostanze lisergiche! (Mauro Furlan)