recensioni dischi
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FRANCESCO MEDDA & MAURO PALMAS  "Meigama"
   (2022 )

Šrdn. Quanto le origini del popolo sardo sono avvolte nel mistero, racchiuso in queste quattro consonanti, tanto molteplici sono i suoi contatti con le altre civiltà mediterranee, nella storia. In diversi casi, quando un artista sardo decide di attingere dalla musica del folklore della propria cultura così unica, non si limita a restituire la tradizione così com'è, come farebbe invece un etnomusicologo, giustamente intento a classificare con esattezza che cosa provenga da quale luogo. Piuttosto, preferisce attingere anche da chi l'isola l'ha attraversata, o da chi gli isolani hanno conosciuto, esplorando il mare.

Ecco perché il gioco di capire cosa appartiene a chi, può essere una curiosità interessante, ma fino ad un certo punto. Il felice melting pot, creato da Francesco Medda & Mauro Palmas, è bello ascoltarlo così, nella sua utopica fusione. Il fulcro centrale resta comunque la Sardegna, nell'album “Meigama”. Il titolo dell'album è un termine che fa riferimento ad un certo stato d'animo, riferito metaforicamente ai colori del pomeriggio. Ed è anche il nome del team che ha prodotto il disco.

Ci sono otto brani, in cui incontriamo l'elettronica di Francesco Medda, già conosciuto come Arrogalla, che segue coordinate dub e hip hop; ma utilizza anche field recordings, come in “Torra”, dove ci sono registrazioni notturne, con grilli, spari, bestiame, o in “Dromi”, dove sentiamo un cavallo nitrire in loop, un crepitio di fiamme, e voci umane. Tutto questo crea lo sfondo dove spicca Mauro Palmas, che suona il liuto cantabile, il mandoloncello e la mandola. Palmas a volte ci incanta in un'ipnosi, come in “Lugori”, a volte è dolce e rasserenante, come in “Dromi”. Sceglie poi di volgere in tonalità minore delle ballate tradizionali sarde, che solitamente sono in tonalità maggiore. Come “Minore”, che nasconde voci del Sahara, e la sopracitata “Torra”. Questa scelta collega la tipica luminosità musicale sarda, con tinte più mozarabiche.

“Campuomu”, unendo l'hip hop allo stile della cantada campidanesa (rigorosamente tradotta in strumenti a corde), crea una perfetta colonna sonora per un videogioco, ambientato tra i nuraghi! Dicevamo, è una specialità di Palmas adattare al liuto, alla mandola, formule tipiche di altri strumenti. E come imita la voce della cantada, in “Noti de Incantu” riesce a riprendere quell'andamento tipico delle launeddas, e riportarlo su corde, sopra la ritmica di una pizzica salentina.

“Requiem” è un'evidente dedica alle tragiche vicende del Mediterraneo, che riprende le onde del mare tunisino, affiancate da un magma di liuti sovraincisi. “Bentu saliu”, il cui titolo significa “vento salato”, si riferisce a un vento che viene da ovest. Infatti, nel brano Palmas prende spunto da canti liturgici iberici, mentre gli impulsi elettronici di Medda simulano un rituale.

I due musicisti, facendo dialogare i loro due mondi, creano una terza realtà ibrida, molto particolare, e significativa come abbraccio culturale mediterraneo. (Gilberto Ongaro)