FLIN VAN HEMMEN "You can know where the bombs fell"
(2021 )
Scopo di molta musica è colpire l'interiorità dell'ascoltatore, a livello spirituale, per fargli avere una sensazione corporea, che parte dall'interno. Altri sostengono che la musica prima agisca arrivando al corpo, sotto forma di vibrazioni, e da quelle giunga all'anima. Ma questi sono dilemmi da filosofi, che per qualche ragione riescono sempre a dividere le cose in due, in dualità sempre più contorte, per poi concludere banalmente che sono le “facce di una stessa medaglia”.
La dualità, in questo caso, sta nell'esperienza musicale di Flin Van Hemmen. Cresciuto come batterista jazz, l'artista olandese si è poi trasferito a New York, e si è cimentato nei field recordings. E i due campi, la cosiddetta musica “normale” e quella “ambientale”, per capirci, si influenzano a vicenda. Il suo terzo album “You can know where the bombs fell”, uscito per la Neither/Nor Records, viaggia in questa seconda direzione.
L'enigma è l'intenzione principale di Van Hemmen, in queste tracce. Ogni registrazione viene trattata come oggetto sonoro a sé stante, e manipolata in maniera da non essere mai perfettamente riconoscibile. Se si sentono delle folle parlare, non si sa se siano in strada, in una stazione, in chiesa, nei negozi, o in tutti i luoghi insieme mescolati. “Heels rise” contiene un loop di coro, che compare breve a più riprese nella durata della traccia. “These are gateways” contiene rumori indecifrabili, e ancor più astratta è la sensazione notturna di “Where mushrooms grow?”.
“Epoch” propone, tra i tanti avvenimenti sonori, una sorta di “loop natalizio”. Mi viene da definirlo così, per la presenza di accordi vivaci di pianoforte e note di glockenspiel. Ma è tutto dissezionato, come i volti di Picasso. So che a Flin Van Hemmen piacerebbe quest'analogia, perché il comunicato stampa che ci è arrivato, invece di contenere solo una descrizione del disco, presenta un'intervista che gli ha fatto Jozef Dumoulin. Che è un altro che ama fare a pezzetti i suoni, fino ad ottenere una sorta di polvere di musica (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=6076). Chi si somiglia si piglia.
Dicevo, nell'intervista, Van Hemmen sostiene di essere affascinato anche dalle arti visive e la danza, cioè ciò che è fuori dal proprio campo. Questo è il suo approccio, anche nell'affrontare la propria musica: cercare sempre di superare i propri limiti, esplorando l'inesplorato. Ma mai per risultati fini a se stessi, bensì per ottenere un effetto conturbante in chi ascolta. Che si può provare nella situazione, tanto sinistra quanto incomprensibile, di “Where the bombs fell”, o nei loop mai rassicuranti, e al contempo affascinanti, di “The blood of all nature”. (Gilberto Ongaro)