NIFTY SEA "Nifty Sea"
(2021 )
In una luminosa, immaginaria ed anacronistica terra di mezzo tra Hendrix e i Beatles - o tra Vines e Jet - vanno in onda i quarantasei minuti secchi e tesi di un album che è una piccola goduria per nostalgici e non.
Al proscenio i Nifty Sea, trio di Ancona formato da Filippo Micucci (voce e chitarra), Riccardo Frati (batteria) e Tommaso Conti (basso), al debutto per Red Cat Records con dieci tracce senza fronzoli nè cervellotici orpelli, dieci sassate di quelle che non si usan più, devote ad una scrittura figlia degli anni Settanta, squadrate ed essenziali, dritte al punto tra riff, ritmi incalzanti, ganci, ritornelli e chitarroni mixati in primo piano a prendersi la gloria.
Il crooning di Filippo - stentoreo e squillante - padroneggia sciolto vari registri, dalla morbida ballata di “The one” - semplice ed efficace, con un singalong memorabile che plana quasi dalle parti degli Smiths - alla bordata zeppeliniana di “Change my desire”, dal beat à la Franz Ferdinand di “Back from Greece” all’incedere nervoso di “What should I do” (con un solo spettacolare à la Johnny Winter), fino ai sei minuti di “Crazy”, compendio retromaniaco di arte varia sospeso tra languori d’antan, note in cascata ed accenni di falsetto à la Thom Yorke.
In una bolla di garage rock sporco quanto basta, in realtà arrangiato con gusto e misura, spicca il lavoro della chitarra, virtuosa sì ma equilibrata, mai troppo protagonista da sovrastare la trama di brani solidi e godibili, costruiti attorno a dinamiche sostenute ed impreziositi da una produzione ben calibrata: dall’opener “Such like a refuse”, spigolosamente prossima a Stevie Ray Vaughan, alla chiusa stonesiana di “I was right” l’album è il ritratto fedele di una band risoluta, energica, centrata. (Manuel Maverna)