recensioni dischi
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KISS  "Alive!"
   (1975 )

I dischi dal vivo, che oggi li fa chiunque, anche il pescivendolo che ti esce con la versione Unplugged dei suoi più riusciti slogan commerciali tipo "pescefrescopesceeeeeee!" o "essonoancoraviviiiii!", i dischi dal vivo, si diceva, esistono a un certo punto perchè un giorno un gruppetto di masochisti imbellettati alla meno peggio, oltraggiosamente in viaggio per l'america 365 giorni all'anno con un baraccone a metà tra il Barnum col mangiafuoco, i pagliacci e la donna barbuta e il musical hollywoodiano di quart'ordine, che si chiamavano Kiss e nessuno si curava dei loro dischi in studio, insomma questi illustri ma arditi sconosciuti dipinti decisero che l'unica cosa che sapevano fare bene era divertire la gente dal vivo e che allora bisognava trovare il modo di trasferire la follia e la sfrenatezza dei concerti in formato vinile, 33 giri, nero e rotondo liscio e rumoroso simbolo di fuga per i giovani di non una ma molte, infinite, tutte le generazioni, anche se poi, adesso, si chiama cd, ed è argentato e non fa rumore, a meno che non usiate la carta vetrata, ma è meglio di no. Ma non poteva bastare. Kiss era colori, maschere e fumo e luci e coreografie, Kiss era il teatro dei burattini senza fili ma con la chitarra, ed era il sesso mischiato all'horror e alla fantascienza e al mondo fatato impalpabile impossibile di Lewis Carrol, Alice, ti ricordi? Eravamo bambini e ce lo fecero leggere, ad alcuni piacque e divennero pazzi o artisti o metà e metà, ad altri non piacque e divennero adulti. Allora i Kiss, forti di origini ebree, per parte di Paul Stanley e Gene Simmons, che ne esaltavano i geni affaristici, aggiunsero al pacchetto musicale, una infernale collezione in doppio vinile della scaletta completa dei concerti di quell'anno, sapientemente registrati dal genio della consolle tale Eddie Kramer che persino l'energia di Jimi Hendrix e dei Led Zeppelin era riuscito ad ingabbiare in un nastro magnetico, aggiunsero un pacco dono con foto giganti, un libretto d'opera con le immagini più devastanti, la storia dei quattro supereroi, e persino un messaggio autografato da ognuno di loro a diretto beneficio dei fans. Non bastò. Il silenzio, ancora una volta, sembrò sovrastare il frastuono infinito del muro di Marshall dei quattro Kiss, incapaci di raggiungere i confini della loro depravazione, sorpassarli, ed invadere il mondo. Ci volle una canzone, scritta al volo sul blocchetto delle prenotazioni del minibar di un Hotel due anni prima, ci volle una maledetta e stupidissima canzone, perchè il muro del silenzio crollasse; la canzone diventò un inno, perchè era quello che qualsiasi adolescente americano di un america perbenista e ipocrita voleva gridare, con tutta la forza dell'ugola intorpidita da un miscuglio di buone intenzioni e buona educazione, che la società figlia dei liberissimi anni 60 e 70, cercava di imporre per sentirsi di nuovo a posto, di nuovo in controllo. "I WANNA ROCK AND ROLL ALL NIGHT AND PARTY EVERY DAY", dice il ritornello. Oggi come ieri, come tra qualche anno, la traduzione semplice e immediata è il senso di un'irripetibile afflato dell'anima e dei sensi, è la grazia dell'energia unita all'inconsapevolezza, è la libertà di essere e basta, senza la responsabilità di essere qualcosa, o qualcuno. Si traduce "GIOVINEZZA". E i giovani americani presero a cantare questo ritornello, vollero sapere chi era che l'aveva scritto, comprarono quel disco, lo amarono, diventarono tutt'uno con quelli che avevano avuto il coraggio di parlare per loro e di gridarlo forte, di dirlo ai genitori, agli insegnanti ai presidi e alle bidelle, ai giornalisti e ai poliziotti. ALIVE! è a tutt'oggi il disco più venduto nella storia del rock. Fare un disco live divenne la moda dei tempi e Peter Frampton fece un sacco di soldi con 'Frampton Comes Alive' (nemmeno troppo originale) e Ted Nugent si fece sentire con 'Gonzo Live' e i Led Zeppelin non poterono mancare col loro 'The Song Remains the Same'. E chi più ne ha più ne metta. Poco importa se ALIVE! è un disco dal vivo fino a un certo punto, se trent'anni dopo la ditta Stanley-Simmons ha infine confessato ciò che tutti i fans avevano già capito, cioè che i pezzi furono ritoccati, ricantati, aggiustati, migliorati, truccati (vabbè, si tratta dei Kiss o no?) e se le urla del pubblico furono looppate e moltiplicate dal buon Kramer. Ciò che importa è che i Kiss, improvvisamente, avevano abbattuto il muro tra il rock e il successo commerciale, avevano profetizzato con la loro stessa esistenza lo scintillante e patinato mondo di MTV, avevano anticipato la voracità delle major discografiche, avevano sposato il rock ai soldi, avevano reso popolare il rock, lo avevano tradito per sempre. I Kiss presero tutti i soldi che c'erano, fecero bambole, fumetti, flipper, matite, tazze, presero il mondo. Caddero, si divisero, si rialzarono, si riunirono, si ridivisero, si tolsero la maschera, se la rimisero per sempre, nel '96. I burattini si trasformarono in burattinai. E tutt'ora, quasi sessantenni imbellettati da prostitute, con le vene varicose nascoste dai lustrini della calzamaglia, cantano parole senza senso, muovono i fili dei loro fans, che prima erano dei ribelli liberati e pronti alla rivoluzione, ed ora sono i figli ingrassati e soddisfatti di quella rivoluzione mai fatta da quei padri che, mascherati forse per la vergogna, gli stanno accanto a fare il coro. (Ermanno Muolo)