VIKTOR TIMOFEEV "Palace of peace and reconciliation"
(2021 )
Five, four, three, two, one, zero, injection. Viktor Timofeev decolla verso un posto privo di alienazione. Ma per farlo, la deve attraversare, per raggiungere il palazzo della Pace e della Riconciliazione. L'artista lituano, ormai newyorchese, porta suoni e rumori digitali allo stato dell'arte. Nel lavoro “Palace of Peace and Reconciliation”, uscito per Lo Bit Landscapes, il nome dell'etichetta potrebbe appiccicarsi al disco stesso, per quanto è pertinente. Si tratta di un'unica performance, suddivisa in 5 titoli (il vinile li divide in 3 e 2).
“Tevek fritoiov” fin da subito ci informa della cifra stilistica, con impulsi tecnologici. Subentrano poi fini texture e rumori taglienti, su un fondo di sintesi granulare. Viene descritta come pura ambientazione, ma nella sequenza di eventi sonori si percepisce una sorta di narrazione astratta, via via sempre più minacciosa.
Arriva il secondo capitolo, “Memoratorium”. Brian Eno, sei tu? Sei entrato nel corpo di Timofeev? No perché, il clima elettrico qui è molto conciliante, à la “Another green world”, ed è un momento abbastanza condiscendente, rispetto a quanto ascoltato finora, e rispetto a quanto accadrà dopo.
Entriamo nel cuore del concept con “Portal of Zin 1”. Lunghissimi suoni che si perdono nello spazio. Con la fantasia, sembra che riproduca l'audio di un portale dimensionale. In collaborazione con Alienboy poi, arriviamo a “Portal of Accord”. Inizialmente sembra che abbiamo raggiunto questo palazzo della Pace e della Riconciliazione. Un fondo celestiale, sostiene un suono acuto e flautato, di pace e fratellanza. Ma improvvisamente, la quiete è interrotta da urla gutturali, che fanno emergere fantasmi e mostri, tanti mostri. Ognuno solo col proprio disagio riverberato. I rumori vengono “stirati” (tecnicamente si dice strecciati), in modo da rivelare qualsiasi evento microscopico della loro forma d'onda. Poi, la distorsione diventa totale, fino al rumore bianco, e come se non bastasse, ad un certo punto, questo rumore bianco sembra pure liquido, una cascata, che gradualmente si calma, appare meno minacciosa.
Fino al finale “Portal of Zin 2”, che non fa capire se siamo giunti ad una meta o se siamo dispersi. Inutile tentare interpretazioni scritte qui, perché questa è un'esperienza da vivere personalmente, con le cuffie, o collettivamente, alle performance di Viktor Timofeev. (Gilberto Ongaro)