recensioni dischi
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SETAK  "Alestalé"
   (2021 )

Setak, pseudonimo di Nicola Pomponi, è un cantautore abruzzese che con “Alestalé” da alla luce la sua seconda fatica. Un lavoro in cui si coniugano alla perfezione aspirazioni internazionali (grazie alla freschezza degli arrangiamenti) e un forte attaccamento al proprio territorio e alle proprie radici culturali (espresse dalle liriche dialettali).

I temi trattati sono di stretta attualità, tra l’ineluttabilità degli eventi e l’universalità di emozioni che attraversano epoche e civiltà. L’opening track, “E Indande Pjiove”, è proprio il segno di questi tempi, in cui tutto passa, scorre e si affronta a prescindere dalla nostra volontà di cambiarne il senso e la direzione. Sembra una rassegnazione di fronte all’incapacità di adeguarsi alla realtà, ma la musica trasmette quell’energia positiva giusta che non lascia l’ascoltatore abbandonato a sé stesso.

“Alestalé” (che significa “In Fretta”) è una ballad che sprona il sentimento a non rimanere immobile di fronte allo scorrere di una vita, ma di muoversi nel prendere decisioni importanti e andare avanti con serenità. “Picché” è la dolcezza del dubbio che scorre tra gli arpeggi della chitarra e racchiude in sé gli interrogativi che ci animano di fronte a ciò che ci circonda e che viviamo interiormente.

La musica si fa più corale e vivace in “Quanda Sj ‘Fforte”, brano sbeffeggiante nei confronti del bullo che usa la violenza fine a sé stessa, mentre in “Jù ‘Nderre” si instaura un dialogo tra un padre e il figlio appena nato, dolce quanto una ninna nanna e tenera come una carezza. “Coramare”, con la partecipazione di Francesco di Bella alla voce e Fabrizio Bosso alla tromba, parla dell’esperienza personale di chi deve sopravvivere alla drammaticità degli eventi che la vita può riservare.

La dolcezza di “Aspitte Aspitte” stride con i toni di “Ninn’è Cchjiù”: nella prima si parla di amore che aspetta il tempo per appianare tutto ciò che crea dissidio e fragilità dell’animo; nella seconda si parla dell’assenza di scrupoli di coloro che tramano nell’ombra e che vivono d’opportunismo. Esiste una categoria di saccenti e tuttofare che credono di avere la soluzione a tutti i problemi: è questo il tema scanzonato in “Ma Tu Mò Chj Vvù Da Me”. L’empatia non è questione di parole ma di sguardi e gesti che si scambiano nel silenzio ed è questa la chiave di lettura di “Facile”, brano che accarezza l’ascoltatore tra arpeggi e voce sussurrata.

“Camillo” è il capro espiatorio delle responsabilità individuali che nessuno vuole assumersi. Anche qui la leggerezza e i toni scanzonati hanno il pregio di non appesantire il lavoro che si avvia alla conclusione con la partecipazione di Mimmo Locasciulli in “Lu Juste Arvè”. Si tratta di un testamento spirituale che un padre anziano lascia ai propri figli.

C’è sentimento in questo lavoro. La proiezione di emozioni, sentimenti, riflessioni in tracce che rappresentano una carezza al cuore dell’ascoltatore. Il dialetto è la lingua della spontaneità, la culla della naturale espressione del proprio animo che si esprime in ciò che di più vicino e autentico ci può essere nel cuore, e Setak riesce nell’intento di mettere in musica il suo cuore facendolo vibrare all’unisono con chi lo ascolta. (Angelo Torre)