AMEDEO GIULIANI "Il viaggio di Chinook"
(2021 )
I sodalizi artistici, quando sono empatici e risolutivi, perché cambiarli? Certo, quello tra Mogol e Battisti fu (ed è) inarrivabile per longevità e grandezza scritturale, però nell’Underground quello instaurato tra lo story-teller all’italiana Amedeo Giuliani e la penna del poeta siciliano Cesare Zarbo comincia a testimoniare una continuità da non sottovalutare per nulla.
Infatti, col nuovo album “Il viaggio di Chinook” fanno 13 (anni) di brillante intesa tra i due e, pure in questo terzo capitolo (dopo “Il fantasma del buio” e “Monadi”), le partiture sono raffinati quadretti descrittivi, che Giuliani sa delineare con dettagli garbati.
Fa bene ad aprire l’opera impiegando il tocco dinamico di “Gabbia di vetro”, che veleggia nello splendido mare dell’easy-listening, mentre in “Il casellante” sfoggia sapori sonori antichi però mai obsoleti. Poi, la linea vocale di “Figlio di un’idea” ci riporta nelle gustose sfumature del Bruno Lauzi più convinto e diretto, ed Amedeo sa (parimenti) farsi capire a modo suo con ricercata eloquenza.
Riduce al minimo l’aere assemblativo nel sudamerican-pop di “Luna cubana” e nell’identità filo-barocca di “Mela acerba”. Come “Artista di strada”, sicuramente Amedeo calamiterebbe l’attenzione dei passanti con quest’efficace blues, rifinito con spolveratine di tastiere anni ’70 e un lavorio di chitarra ammiccante e gagliardo.
Ancora godibile ritmia nell’ironica “Codice a barre”, mentre con la doppietta finale “Non aver paura” e “Vorrei vedere il mare” vanga arature di pregiate ballad, che riportano in auge la bella narrativa vintage.
D’altronde, incamerando lodi da Mogol, Oscar Prudente, Sergio Bardotti, incrociati in carriera, è come se il Nostro si fosse ancor più responsabilizzato nella vena compositiva, quasi ad onorare gli encomi ricevuti. Magari ogni artista reagisse come lui! Perché spesso (purtroppo…) molti si credono già arrivati e si “illuminano d’immenso” ma, poi, hanno vita breve.
Invece, Amedeo, con passo felpato e con discrezione, impegna ogni singolo neurone per ridare lustro alla splendida tradizione cantautorale che fu dei vari De Andrè, De Gregori e compagnia bellissima. C’è riuscito? Per noi sì… e, se non cadrà nel tranello delle sirene elogiative di altri Big, l’umiltà lo porterà presto in cima al gradimento popolare. (Max Casali)