recensioni dischi
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A.BORISOV, J.LORICHON, O.NOSOVA & Q.ROLLET  "Shampanskoye"
   (2021 )

Ci sono un russo, due francesi e una russa-tedesca in un bar. Il russo dice: “Ehi, facciamo un disco?”, i due francesi si pettinano e rispondono in coro: “Mais oui!”. Manca la risposta della donna, che dopo qualche istante di silenzio, urla: “Lyoshaaaa!”. Gli altri lo prendono come un sì, e vanno in studio.

Arrivano, e uno dei francesi chiede: “Ma abbiamo delle bozze su cui lavorare?”. Il russo dice: “Ehm, no, ma forse lei sì…”. Guardano la donna cercando conferme, e lei dopo qualche secondo urla: “Lyoshaaaaa!”. Lui pensa: “Sarà una lunga nottata”.

Non so se sia andata effettivamente così, ma il disco “Shampanskoye”, uscito per Reqords Discs e frutto dell’unione di Alexei Borisov, Jérôme Lorichon, Olga Nosova e Quentin Rollet, suona come un caos disorganizzato. Si potrebbe sbrigativamente parlare di jazz, ma quel tipico approccio improvvisato e dialogante tra gli strumenti, si intreccia con una certa predilezione per il rumore, e non per forza la dissonanza da free, ma proprio i rumori non melodici, anche quando non percussivi.

Difatti, fin dalla prima traccia “Telephone call”, tutti e quattro esplorano il modo di far casino coi propri strumenti. Nosova alla batteria, Lorichon all’elettronica, Borisov all’elettronica e alla chitarra, e Rollet al sax. In “Lyosha”, Olga partecipa con la voce, urlando il titolo del brano. La voce ha un filtro che la rende telefonica e distorta.

I dieci minuti di “Escopados” hanno un fondo sonoro ambient, che dà agli impulsi che ascoltiamo una sorta di trama; diventa una narrazione ansiogena, seppur astratta. Il breve minuto di “Outrock” concede un riff di chitarra, anche se verso la fine veniamo disturbati da segnali elettronici che sembrano provenire da vecchi fax in tilt.

Il prossimo titolo deve omaggiare l’omonima band: “Yellow Jacket”. Aperto dalla voce distorta di Nosova, ospita un suono abrasivo di chitarra, avvertiamo di più l’elemento noise del segnale rispetto alla nota suonata. E Quentin si scatena al fiato.

“Umka” fa paura. La voce e ciò che ascoltiamo sono un’esperienza disturbante, e per questo intrigante. Nosova tesse un canone vocale che sembra non avere una fine, e infatti si chiude sfumando.

“Shampanskoye” si chiude con “Chainsaw Zombies”. Dal clima rumoroso iniziale a basso volume, sembra debba innescarsi un crescendo roboante. E invece no. Per quei cinque minuti restiamo nel disordine accennato, scelta insolita.

Sinceramente non so come concludere questa analisi, se non bighellonando. Perché tutti e quattro gli artisti hanno notevoli background, da Borisov che è un pioniere della scena industrial sperimentale russa, a Nosova che milita alla batteria in numerose band prog, punk jazz e industrial, Lorichon che scrive musica per film, sfilate di moda e arti visuali, e Rollet che collabora con molte realtà francesi dagli anni ’90. Ma qui stanno giocando, sfruttando le loro esperienze con leggerezza e anarchica libertà. (Gilberto Ongaro)