GENESIS "We can't dance"
(1991 )
Il canto di un cigno che non volava più. O meglio, volava ancora tanto, ma che nulla aveva in comune con quello di 15-20 anni prima. Travolti dai successi solisti (quelli di Phil Collins li conosciamo, ma anche Mike and The Mechanics qualcosa lo hanno fatto), era difficile tornare nei panni del trio ed evitare le facili canzonette. Poi magari il pop di “No son of mine” o simili era meglio di tante altre corbellerie in materia, e probabilmente, sempre restando nel pop più smaccato, la sigla Genesis offriva qualcosa di più corposo di alcuni brodini singoli. Ma troppa era la distanza e la differenza da quelli che erano stati i Genesis dei ‘70s per far contenti i vecchi fans: il prodotto era ad hoc per le radio americane, per i neofiti del Phil, ma se fosse uscito solo con il suo nome non se ne sarebbe accorto nessuno. Ci sarebbe stata anche una doppia raccolta live, in seguito, a celebrare la chiusura commerciale della bottega (dobbiamo anche parlare di “Calling all stations” con altro cantante, o evitiamo?). Paradossalmente, una volta liberato dai panni della band, la carriera solista di Collins andò a picco: troppo zucchero e saccarosio nelle canzoni, nessuna verve. La pietra tombale gliela mise Pippo Baudo, bidonato ad un Sanremo di qualche anno fa: “Ci ha tirato il pacco Phil Collins, che doveva venire a cantare in playback una brutta canzone. Stiamo bene lo stesso”. Hai toppato, Phil, questa non gliela dovevi fare. (Enrico Faggiano)